La prassi ha le sue regole

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    Quando i miei figli, influenzati da luoghi comuni troppo semplicistici, trovavano qualcosa da ridire sugli immigrati, rammentavo loro che non avevano alcun merito per essere nati nel Veneto opulento e in un’Italia democratica.

     

    Di contro altri, loro coetanei, non avevano alcuna colpa o demerito per essere nati in nazioni in cui guerre, carestie, lotte intestine e ogni sorta di violenza spingono gente indifesa verso paesi più sicuri. Da giovanotto “razza Piave” speravo di fare l’alpino. Per mia fortuna mi ritrovai artigliere alpino prima nella Julia e poi nella Cadore. Tanti miei coetanei pur desiderando altrettanto si ritrovarono, loro malgrado, in altri Corpi e giurarono, come me, fedeltà alla Repubblica e al Tricolore. Altri furono scartati o esonerati. Molti di loro però erano e sono rimasti alpini nel cuore forse più convintamente e genuinamente di altri che si sono ritrovati casualmente con la penna sul cappello ma non nel cuore. No! Per essere alpino non basta aver fatto la naja con la penna sul cappello: bisogna esserlo prima nel cuore e nella mente, nel dire e nel fare. Mio figlio non ha fatto la naja (esonerato) ma spero che lo spirito alpino che ho cercato di tramandare continui in lui. Per questo gli lascerò in eredità il cappello e spero che lo possa portare a testa alta se, come credo, sarà alpino nel cuore e nella mente, nel dire e nel fare.

    Cesare Dal Bo

    Caro Cesare, quanto dici è nobile. Però la prassi ha le sue regole. Non basta un cappello per fare un alpino, ma non basta neppure pensare all’alpina per averne titolo. Un vero italiano parla l’italiano, ma non basta saper parlare la lingua per essere automaticamente italiani.