La montagna per la vita

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    Per la “sua” festa ha scelto di indossare il suo sorriso semplice e spontaneo. Giuseppe Federici, trentanovenne vincitore della 35ª edizione del “Premio fedeltà alla montagna”, ha accolto così nella natìa Anzola – piccola frazione sperduta sull’Appennino parmense dove vive tuttora – e nel vicino capoluogo di Bedonia, le migliaia di persone e le tante autorità che lo hanno raggiunto il 18, 19 e 20 settembre per la consegna dell’importante riconoscimento voluto dall’Ana.

    Nessun “cambio d’abito” nemmeno per presentarsi al ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Gian Luca Galletti, né al Presidente dell’Ana Sebastiano Favero. Anche a loro, che per festeggiarlo si sono avventurati a piedi nei boschi sperduti e un po’ selvaggi dell’Alta Val Ceno, Giuseppe ha riservato la sua veste migliore: una stretta di mano vigorosa, caparbia e calorosa, proprio come la gente che vive tra i suoi amati monti.

    Il suo sguardo diretto e sincero è stato l’accessorio che questo alpino mortaista del 14º reggimento, battaglione Tolmezzo, riservato e di poche parole, ha sfoggiato per l’occasione. A parlare per lui sono stati i suoi occhi, che si sono posati attenti sul ministro Galletti mentre quest’ultimo ribadiva la priorità del rilancio dell’economia della montagna e annunciava l’imminenza di interventi contro il dissesto idrogeologico, evidenziando il ruolo determinante del volontariato degli alpini anche in questo campo.

    Si sono illuminate poi le pupille di Giuseppe, alle parole del Presidente Favero, il quale ha sottolineato l’amore delle penne nere per la montagna in tutti i suoi aspetti. «Appartenere a questa Italia, a questo popolo, avere un’identità, vuol dire guardare al futuro con maggiore speranza e trasmettere alle nuove generazioni i nostri valori», ha detto Favero durante l’incontro di presentazione del premio. Tra questi rientra anche la tutela dell’ambiente montano, e in questo contesto si inserisce l’assegnazione da parte dell’Ana, ogni anno, del “Premio fedeltà alla montagna” ad un proprio associato. «Crediamo fortemente in questa nostra iniziativa – ha sottolineato il Presidente nazionale – che nel tempo ha avuto una condivisione sempre maggiore. Fa parte del nostro Dna di alpini il prodigarci per gli altri, spesso silenziosamente, senza chiedere nulla in cambio. Con questo premio vogliamo testimoniare ai giovani che il dare gratifica più del ricevere, e che il senso del dovere è un valore importante».

    Di fronte a queste parole, i grandi occhi neri della penna nera valcenina si sono sgranati inorgogliti. Per lui, la scelta di mettere radici (è proprio una radice il trofeo che di anno in anno passa nelle mani del Gruppo alpino a cui appartiene il vincitore) al suo paese natale, vittima da decenni dello spopolamento e dell’isolamento dai comfort del mondo moderno, è stata dettata dal cuore. «Può anche sembrare che questa terra sia mia, ma in realtà sono io ad appartenere a lei», ammette Federici. Ed è questo atto di amore incondizionato per una montagna povera, il cui cuore continua a pulsare solo grazie a se stessa, che l’Ana e la sua commissione “Premio fedeltà alla montagna” hanno inteso gratificare con questo riconoscimento.

    Figlio di Vincenzo – penna nera pure lui – e di Assunta, marito di Cristina, papà di Fiorenza, tre anni appena, Giuseppe non ha mai indossato gli “abiti” più comodi. Nemmeno quando, appena ventenne, terminato il servizio di leva, lasciò nelle mani dei genitori e del fratello Luigi la conduzione dell’osteria di famiglia ad Anzola per dedicarsi anima e corpo alla piccola stalla immersa nel bosco, a due chilometri dal paese, che era stata creata dal nonno, di quelle senza attrezzature moderne che ti semplificano la vita. Scarponi pesanti da trascinare sui sentieri irti e pieni di rovi, rastrelli, forconi e vanghe da tenere in mano al posto di borselli firmati e le proverbiali sette camicie da sudarci dentro, mentre zappi le patate sotto il sole.

    Dalla tenacia di questo alpino laborioso ha preso forma, piano piano, l’azienda agricola che oggi conta 40 vacche più un toro di razza Limousine, da carne, una olandese da latte e nove asini. Sui 35 ettari di terreno coperti da castagni e faggi, in località Ciapuné (“ciappa” è la pietra piatta, nel dialetto locale), Federici raccoglie funghi e fieno, trae sostentamento per la sua famiglia grazie all’orto e si dedica anche alla pulizia di boschi e sentieri. Un po’ agricoltore, un po’ boscaiolo e un po’ norcino, il vincitore del “Premio fedeltà alla montagna” 2015 è anche un po’ artista.

    Dalle sue mani, sfruttando le risorse che la natura offre, prendono forma infatti piccoli capolavori di artigianato ligneo. Che cosa si prova ad indossare una cravatta, Giuseppe l’ha scoperto nel giorno della consegna del premio. Il Labaro che ti passa davanti insieme ai tanti gagliardetti provenienti da tutta Italia, un ministro della Repubblica, una marea di autorità civili e militari, il Presidente e due past President dell’Associazione Nazionale Alpini e tanti Gruppi, incluso il tuo, che sono lì a sfilare per te, per le strade del tuo paese addobbate col tricolore. Come stringe, per un attimo, quel nodo in gola. Colpa di una cravatta in cachemire? Macché, pura fierezza alpina.

    Maria Elena Chiappari