L’impossibile degli alpini

    0
    122

    Mentre stendo queste riflessioni, la cronaca ci consegna le note amare dello scandalo Facebook, dopo che il colosso web ha ceduto i dati privati di cinquanta milioni di navigatori. Persone ignare del fatto d’essere finite nelle spire del mercato e dei manipolatori di consenso politico. Una frontiera, quella dei partiti, entrata più di recente in questa perversa strategia, ma già in grado di orientare le consultazioni elettorali servendosi del digitale. Basta elogiare o denigrare sul web in maniera mirata per spostare milioni di voti. Alla faccia della democrazia!

     

    Il fatto è che quando noi entriamo dentro questi siti, al posto di chiedere: permesso?, clicchiamo su un piccolo, apparentemente insignificante dettaglio. Una parolina piccola, piccola: accetto. Senza saperlo acconsentiamo così che si impadroniscano di tutte le informazioni che ci riguardano. Lo studio di una università inglese sostiene che dopo cinque volte che abbiamo cliccato “mi piace”, facendo un “impasto” intrecciato delle nostre comunicazioni e quelle dei nostri amici, sono in grado di conoscere i nostri gusti sessuali, orientamento politico e religioso. Un altro studio, questa volta tedesco, sostiene che nelle nostre navigazioni lasciamo oltre cento informazioni che riguardano la nostra vita privata e quella delle nostre famiglie, profili che poi vengono ceduti alle agenzie pubblicitarie ed ora anche ai partiti.

    Vi chiederete a questo punto: cosa c’entra ciò con gli alpini? Pensavo a queste considerazioni mentre leggevo il motto dell’adunata di Trento: “Per gli alpini non esiste l’impossibile”. Una frase incisa nel 1943, sulla parete rocciosa del Doss Trent, la montagna “della Memoria” del territorio. Le parole sono importanti e qualche volta pronunciarle è più facile che viverle, soprattutto quando la retorica ci aiuta a farci belli sulle grandezze degli altri, ma resta il fatto che questo motto dice qualcosa di profondo, che ha molto da insegnare al tempo presente. Dice che l’impossibile degli alpini non si raggiunge con le strategie di potere, di cui abili burattinai tirano le fila.

    Le grandezze alpine non fioriscono dal potere finanziario, magari quello di banche che si foraggiano divorando i poveri risparmi di sudati percorsi lavorativi o da quello dei mercati, sempre pronti a investire dove la resa è garantita. No, l’impossibile degli alpini non nasce da condizionamenti gestiti dal grande fratello digitale e neppure da fonti di reddito che garantiscono il risultato senza il sudore della fatica. La grandezza alpina fiorisce invece rigorosamente dal basso, da gente che sa pensare, ma anche curvare la schiena, impastare una carriola di malta e mettere un mattone sopra l’altro con le mani che conoscono l’ingiuria della fatica.

    È l’impossibile della gratuità, che proprio perché si mette a servizio senza chiedere nulla, non ha neppure la pretesa della gratitudine e quindi l’opportunità di mettere il broncio. Uno slancio e una passione sociale che non hanno bisogno delle strategie digitali per farsi largo, perché alla radice, quello che fa girare il motore, è una storia di uomini, con la buona volontà di rendersi utili agli altri. Prima di ogni tecnica e di ogni strategia.

    Bruno Fasani