L’idea delle Truppe alpine

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    Lo ammetto, sono di parte, però mi sono convinto che la prima idea sulla validità della costituzione di truppe alpine sia nata nel 1848 in valle d’Intelvi, dove affondano le mie radici familiari. In quel periodo aveva trovato rifugio a Lugano, in Svizzera, ai piedi della valle d’Intelvi italiana, ma governata dagli austriaci, Giuseppe Mazzini.

     

    Mazzini con i suoi scritti e le sue parole aveva acceso l’irredentismo negli abitanti della valle e delle sponde italiane del lago di Lugano. Questa gente aveva alle spalle una storia molto particolare: erano i discendenti dei maestri comacini che da un millennio si erano specializzati nella costruzione e nel decoro delle grandi opere: dalle cattedrali ai palazzi reali, da San Pietroburgo a Palermo. Questa loro intensa attività li aveva portati a frequentare le capitali europee per molti mesi all’anno e, in qualche modo, a internazionalizzarsi.

    Questa particolarità della valle, alla fine del 1700, venne riconosciuta dal governo austriaco che le attribuì un’autonoma ripartizione fiscale e la qualifica di provincia della Lombardia austriaca, mentre invece Varese, Lecco, Sondrio e Cantù non lo erano. Nel 1848 quando Milano ed alcune altre grandi città dell’Impero si ribellarono agli austriaci, anche la Valle d’Intelvi riuscì a mandar fuori dal proprio territorio il governo straniero. Vienna, furibonda, mandò un reggimento di croati, i loro soldati più duri e crudeli, a punire la valle. I croati s’imbarcarono a Como su un battello e sbarcarono ad Argegno che distrussero, poi iniziarono a risalire le ripidissime pendici della bassa valle. Mentre percorrevano la mulattiera con le loro armi e vestiti pesanti, in prossimità di un torrentello di montagna ove le rocce si mostravano nude e quasi verticali, incontrarono un ostacolo che non avevano previsto.

    Andrea Brenta, panettiere di San Fedele Intelvi, acceso mazziniano, aveva riunito a monte della mulattiera, un manipolo di cacciatori della valle con i loro fucili da caccia. L’accoglienza imprevista e l’asprezza del terreno, ove solo i cervi e i giovani abitanti della zona sapevano stare in piedi, spaventarono i croati che si ritirarono. I primi a capire la lezione furono gli austriaci che, ritirati i croati, mandarono truppe regolari tirolesi, montanari dalla nascita, che riconquistarono presto la valle mentre Brenta ed altri patrioti venivano fucilati a Camerlata. L’evento fece molto clamore tra i patrioti e i militari del tempo.

    Nel decennio successivo 40.000 giovani, prevalentemente provenienti dalle province settentrionali della Lombardia, attraversarono il confine svizzero lungo i sentieri della valle d’ Intelvi e, superato il Canton Ticino, raggiunsero il lago Maggiore e quindi il Piemonte ove si addestrarono nelle caserme dei Savoia per poi partecipare alla seconda guerra di indipendenza del 1859. Inquadrati nei “Cacciatori delle Alpi” (il nome è più che significativo), sotto il comando di Garibaldi riuscirono ad ottenere determinanti vittorie militari nel fronte Nord (San Fermo della Battaglia), costringendo gli austriaci a dividersi e consentendo ai piemontesi e ai francesi di vincere la guerra a sud, con le battaglie di Magenta, di Solferino e San Martino. L’Austria era sconfitta e l’Italia era nata!

    Alcuni di questi giovani seguirono poi Garibaldi anche nell’impresa dei “Mille” a completamento dell’Unità d’Italia. Il generale Perrucchetti, di Cassano d’Adda, nel 1872, convinto che per combattere in montagna fosse meglio disporre di truppe formate da montanari, sicuramente memore dell’impresa di Andrea Brenta, riuscì a convincere prima il ministro Ricotti Magnani e poi il re Vittorio Emanuele II a costituire il Corpo degli alpini con reclutamento regionale. Nei decenni successivi i valori e l’addestramento alla montagna dei primi alpini sono stati trasmessi e condivisi da tutti coloro che hanno scelto o sono stati destinati alle Truppe alpine.

    Gianbattista Stoppani