INTRA – Per Florindo e Vittorino

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    Florindo era un ragazzo del 1917 e se n’è andato sul far dell’estate, seguendo a pochi mesi di distanza l’amico Vittorino, classe 1920. Hanno lasciato il Gruppo di Miazzina e la Sezione Intra, consegnando a chi li ha conosciuti i loro preziosi ricordi di reduci e di alpini. Quando Florindo Morandi nacque, suo padre era al fronte, poi toccò a lui vivere l’esperienza della Guerra: per Florindo il secondo conflitto mondiale è durato ben sette anni e si è concluso con un ritorno a piedi da Dubrovnik al paese natìo affrontato fra mille pericoli, incontri e disavventure. Vittorino Meschia aveva affidato i suoi ricordi ad un quaderno denso di appunti: “Il 18 marzo 1940 sono stato chiamato alle armi nel battaglione Val Toce e, dopo un’estate trascorsa in diversi campi estivi all’Alpe Veglia, il 6 novembre sono passato al battaglione Intra. 

     

    Il 7 gennaio del 1941 mi sono imbarcato a Bari per raggiungere Durazzo l’indomani e partecipare alla Campagna di Grecia. Dopo quattro mesi, all’inizio di maggio, sono tornato in Italia e a casa, ma in data 19 gennaio 1942 ero di nuovo a Bari per imbarcarmi alla volta di Groiovo. Guerra in Jugoslavia, nel battaglione Intra, 37ª compagnia ‘La Nobile’ guidata dal capitano Pietro Zavattaro Ardizi, con il tenente Beretta, tanti compagni vecchi e nuovi e con mio fratello maggiore Battista che aveva chiesto di passare all’Intra, lui che militava nel battaglione Cividale, 20ª compagnia ‘La Valanga’, proprio per stare vicino a me”.

    Il 9 ottobre del 1943 Vittorino è catturato dai tedeschi e arriva a “Gelsenkirchen Bauer”, come prigioniero: lavora in miniera fino al 2 febbraio 1945, quando viene liberato dall’avanzata degli alleati. A piedi, in treno, in traghetto, senza un soldo, ma con il fratello e alcuni amici, Vittorino arriva ad Intra a fine agosto. E trova un autista della ditta Nerini che, per gratitudine verso il reduce, lo carica gratis in corriera e lo porta a Miazzina, finalmente a casa. Nel taccuino che ha sempre tenuto accanto a sé, annotata con calligrafia precisa, la preghiera della sua Compagnia “La Nobile”.

    «Mamma dal cielo ascolta l’umile preghiera. Dà alla Patria Santa la vittoria, la gloria al mio re, a mia madre, del ritorno, la speranza la fede alla donna amata. Dammi animo sereno fiduciosa attesa nel sacrificio duro. Offri al fratello caduto nella guerra pace di cielo. A te mamma alzo lo sguardo al cielo, mormorando Ave Maria». L’aveva scritta a Sv. Mihovili, il 22 febbraio 1942. L’ha sicuramente recitata in ogni momento di difficoltà. E ora può declamarla sereno, insieme all’amico Florindo, nel paradiso di Cantore. Paolo Broggi