Intelligenza e cuore

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    Trentatré anni trascorsi in via Marsala 9, a Milano. Una storia di vita, vissuta a incontrare gli alpini, ad ascoltare le loro voci, richieste, brontolate… Una sensibilità che lentamente ha indossato nel cuore, prima ancora che sugli spazi di una scrivania, operando per i colori dell’Ana. Detta così, con i toni sbrigativi di un commento, che deve obbedire agli spazi e alle logiche delle battute sul computer, anche la vicenda di Giuliana Marra rischia di ridursi, sfilacciata, a un resoconto formale.

    Trentatré anni trascorsiin via Marsala 9, aMilano. Una storia di vita,vissuta a incontrare gli alpini,ad ascoltare le lorovoci, richieste, brontolate…Una sensibilità chelentamente ha indossatonel cuore, prima ancorache sugli spazi di unascrivania, operando peri colori dell’Ana. Dettacosì, con i toni sbrigatividi un commento, che deveobbedire agli spazi e allelogiche delle battute sul computer,anche la vicenda di Giuliana Marrarischia di ridursi, sfilacciata, a unresoconto formale. In realtà, in questomomento, in cui sta per prenderecongedo dalla redazione de L’Alpino,per reinventarsi nuovi giornida… pensionata, lievita intorno anoi il senso di un vuoto tutto da riempire,non facilmente colmabile.E non sarà facile, detto fuori dallaretorica di circostanza. Vuoi perchéGiuliana era una sorta di Wikipediadel giornale, per via della sua lungaesperienza, vuoi per il singolareacume di cui la Provvidenza l’haDOPO 33 ANNI GIULIANA MARRA LASCIA LA REDAZIONEdotata. La sua razionalità composta, lucidae stringente era un sicuro punto diriferimento per le generazioni più giovaniche con lei lavoravano e si misuravano.Ed era il suo senso dell’humour,sottolineato da una sonora e coinvolgenterisata, che si imponeva comecollante, oltre le diversità generazionali.Non era un caso se tra colleghe sichiamavano con un generico e reciproco“Sabbry”. Giusto per indicare unaconfidenza e una familiarità che sapevaandare oltre le differenze di anagrafe equelle ovvie dei punti di vista. Giulianaha visto succedersi molti direttorialla testata de L’Alpino. Di ognuno sapevacogliere l’originalità,che rispettava, adattandosicon l’elasticità mentaledi cui è detentrice.Quando arrivò il mio turno,quasi quattro anni fa,mi guardai intorno appenaappena spaesato, pensandodi dovermi adeguare amodi di fare che, ad esserepessimisti, potevano apparirecome incrostazionidifficili da intaccare. Devoringraziare soprattuttoGiuliana se il mio ingresso,scandito dalla sua sorridenteaccoglienza, mi sembrò un ritornoa casa. È banale dire che il valoredelle persone si scopre soprattuttoquando ci mancano. Ma questa nonè una epigrafe. È un sottile dispiacere,come la neve di Lucio Battisti,che cade senza fare rumore. In fondoGiuliana la vedremo e la rivedremo,forse più rilassata e riposatadi adesso. Per cui non ci resta chedirle un grazie senza misura. Per ciòche ha dato all’Ana e a L’Alpino. Eper ciò che ci ha dato, umanamenteparlando. Un abbraccio, Sabbry.Il direttore

     

    In realtà, in questo momento, in cui sta per prendere congedo dalla redazione de L’Alpino, per reinventarsi nuovi giorni da… pensionata, lievita intorno a noi il senso di un vuoto tutto da riempire, non facilmente colmabile.

    E non sarà facile, detto fuori dalla retorica di circostanza. Vuoi perché Giuliana era una sorta di Wikipedia del giornale, per via della sua lunga esperienza, vuoi per il singolare acume di cui la Provvidenza l’ha dotata. La sua razionalità composta, lucida e stringente era un sicuro punto di riferimento per le generazioni più giovani che con lei lavoravano e si misuravano. Ed era il suo senso dell’humour, sottolineato da una sonora e coinvolgente risata, che si imponeva come collante, oltre le diversità generazionali.

    Non era un caso se tra colleghe si chiamavano con un generico e reciproco “Sabbry”. Giusto per indicare una confidenza e una familiarità che sapeva andare oltre le differenze di anagrafe e quelle ovvie dei punti di vista. Giuliana ha visto succedersi molti direttori alla testata de L’Alpino. Di ognuno sapeva cogliere l’originalità, che rispettava, adattandosi con l’elasticità mentale di cui è detentrice. Quando arrivò il mio turno, quasi quattro anni fa, mi guardai intorno appena appena spaesato, pensando di dovermi adeguare a modi di fare che, ad essere pessimisti, potevano apparire come incrostazioni difficili da intaccare.

    Devo ringraziare soprattutto Giuliana se il mio ingresso, scandito dalla sua sorridente accoglienza, mi sembrò un ritorno a casa. È banale dire che il valore delle persone si scopre soprattutto quando ci mancano. Ma questa non è una epigrafe. È un sottile dispiacere, come la neve di Lucio Battisti, che cade senza fare rumore. In fondo Giuliana la vedremo e la rivedremo, forse più rilassata e riposata di adesso. Per cui non ci resta che dirle un grazie senza misura. Per ciò che ha dato all’Ana e a L’Alpino. E per ciò che ci ha dato, umanamente parlando. Un abbraccio, Sabbry.

    Il direttore