In attesa del nuovo Governo

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    Quando leggerete queste righe non so prevedere se sarà in corso la formazione di un nuovo Governo o l’inizio di una nuova campagna elettorale. Per ora non ci resta che sperarlo, perché solo Dio sa quanto avremmo bisogno d’essere governati. Ma non a tutti i costi. Governati bene, da uomini e donne competenti, come merita la gente di questo Paese. La competenza prima di tutto, seguita dall’onestà, perché di onesti incompetenti non sappiamo che farne. Fanno più danno dei ladri.

     

    Al Governo che nascerà torneremo a fare la domanda che abbiamo posto nell’affollatissima conferenza stampa di Milano, prima delle elezioni: cosa pensate di fare con i giovani? Lo faremo dalle pagine de L’Alpino e in tutte le occasioni possibili, per cercare di capire quanto ci fosse di verità e quanto di fumo dietro le parole dei proclami elettorali. E lo faremo non tanto perché abbiamo paura di scomparire davanti allo sfilacciamento anagrafico che vede restringere il futuro dell’Ana.

    Più semplicemente per un senso di responsabilità verso le nuove generazioni, quelle che dovranno prendere in mano il destino dell’Italia e che meriterebbero d’essere aiutate a diventare adulte, superando quell’infantilismo narcisistico che le vuole perennemente adolescenti, senza che si assumano mai il peso dei doveri. Aiutarle a ritrovare quella sensibilità interiore che consente di attraversare la vita da protagonisti e non soltanto da fruitori di beni di consumo. Soprattutto a rimettere in piedi una sensibilità sociale a fronte di una cultura che ha perduto i sensi.

    Lo scriveva Pietro Pisarra qualche anno fa: «Abbiamo perso i sensi, li abbiamo persi quasi senza accorgercene, quando tutto, intorno a noi, sembrava indicare il loro trionfo: culto del corpo, esaltazione della sensualità, frenesia di consumi, viaggi… Inondati di immagini, storditi dal rumore, abbruttiti dalla volgarità e dalla banalità, anestetizzati dai profumi ci siamo trovati, da un giorno all’altro, con una sfilza di protesi sofisticate: cellulari, palmari… e sempre più insensibili ed estranei al dolore del mondo, tuttavia pronti a versare una lacrima, quando la morte si fa spettacolo».

    Parole taglienti come un laser, a ricordarci che la responsabilità educativa è di tutti, alpini compresi. E sarà la politica a dirci quanto è disposta a condividere questa passione, evitando di interessarsi dei giovani (ma quando mai ce ne siamo accorti?) soltanto quando si tratta di scaldare gli animi in prossimità delle urne. L’alternativa è lasciarli al vuoto dell’improvvisazione, salvo poi ritrovarceli nelle piazze a tirare fuori la violenza covata nel nulla del loro disimpegno.

    Ultimamente ne abbiamo vista troppa di questa violenza, fascismo nero e fascismo rosso, se per fascismo intendiamo lo stile violento usato contro chi la pensa diversamente. In Francia, il presidente quarantenne Macron ha annunciato ufficialmente la reintroduzione del servizio militare, obbligatorio e universale, ossia per tutti, ragazzi e ragazze. Nelle intenzioni dichiarate, ha precisato che si tratterà di un periodo nel quale «le nuove generazioni potranno rafforzare il loro senso di appartenenza ai valori della République, ma anche imparare disciplina e rispetto per le regole della società e condividere un’esperienza con giovani di altre origini e classi sociali».

    Non una sola parola in più da aggiungere. Diceva il mio amico alpino Cesare di Salce: «Se non ci ascolteranno i politici, faremo noi alpini una raccolta di firme per proporre una legge in Parlamento, oppure le raccoglieremo per un referendum abrogativo della sospensione del servizio militare». Poi vedremo gli italiani come la pensano e da che parte stanno.

    Bruno Fasani