Il meccanico di Dio

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    Neppure lui avrebbe mai immaginato che quel cappello alpino, un giorno, avrebbe dovuto lasciare posto ad una più ieratica mitra. Per capirsi, il cappello dei vescovi, quello a due punte rivolte in alto, simbolo dell’Antico e Nuovo Testamento. Eppure, dal 24 maggio prossimo, giorno della sua consacrazione, l’alpino Damiano Guzzetti sarà il nuovo vescovo di Moroto in Karamoja, Uganda. Una storia, la sua, iniziata a Turate (Varese) dove nasce nel 1957, terzo di quattro figli. Spirito pratico e con grande predisposizione tecnica.

     

    Ha la meccanica nel sangue. Basta dargli in mano un motore, meglio quello di un trattore, che lui si sente come un pittore davanti alla tela. Il diploma da perito tecnico porta un valore aggiunto, predisponendo una carriera che sembra già definita, prima ancora di cominciare. Poi, finita la scuola, arriva il tempo per la Patria. Car alla Cecchignola a Roma e corso tecnico per generatori elettronici. Siamo agli sgoccioli del 1978. Da marzo 1979 lo troviamo tra gli alpini a Merano, Maia Bassa, dove finirà il servizio nel settembre dello stesso anno.

    Il ritorno a quei giorni gli evoca il ricordo di lunghe ore inoperose, come se non ci fosse stato molto da fare. Poi si illumina quando ricorda il conseguimento della patente del camion. La prova consisteva nel percorrere un tratto in forte pendenza e l’abilità stava tutta nello scalare le marce senza frenare. Una cuccagna per lui che i motori li sentiva dentro come la musica per un suonatore di violino. Unico rimpianto non aver più rinnovato la patente negli ultimi anni. Troppo costoso per uno abituato a spartire la sobrietà con gente poverissima.

    Il rientro a casa lo vede comunque ancora impegnato con le macchine. A Milano, per l’esattezza, niente di meno che alla Mercedes. Se ne ricordi il grande colosso tedesco. Il lavoro gli piace, la gente gli vuole bene, anche per via di quella faccia, che un tempo chiamavamo da sberle, per indicare, oltre il pudore, la capacità di comunicare, la carica di simpatia ed un sorriso che racconta ancora prima di parlare. Si iscrive al gruppo alpini di Cassano Magnago, orgoglioso di appartenere al Corpo degli Alpini. Non solo per il bene che fanno, ma anche per lo spessore umano di cui sono portatori e per l’impatto sociale che hanno all’interno del Paese. Tutto procede per il verso giusto se non fosse per un amico di famiglia, un certo prete, seguace di Daniele Comboni, il santo veronese che nel 19° secolo si mise in testa di salvare l’Africa con gli africani, fondando la congregazione dei Comboniani.

    Non si sa mai cosa stia dietro l’angolo in alcuni appuntamenti della vita, sta di fatto che a Damiano bastano due anni per decidere di entrare anche lui in questa famiglia. Comincia da Firenze, dove lo mandano a fare il postulato e a studiare filosofia. Quest’ultima proprio non se la fila. Fosse stata una bella fanciulla, più che di colpo di fulmine avremmo dovuto parlare di disastro affettivo. I superiori osservano e vedono più lontano. E così lo ritroviamo nel seminario di Venegono, a mettere “le fondamenta” della propria vocazione religiosa. Poi in Irlanda a masticare inglese e, infine il seminario in Africa. Due anni a Kampala in Uganda e due a Nairobi in Kenya. Rigorosamente a contatto con gli studenti locali, che gli fanno sentire il calore umano, secondo quel detto per cui in Europa si parla della vita, mentre in Africa la si vive. Da alpino a Maia Bassa nel 1979 a giovane prete nel 1989.

    La partenza è una sfida tra le più affascinanti. Lo mandano subito, per cinque anni, a Venegono per fare animazione e suscitare altre vocazioni. Se a lui è capitato quel che è capitato, perché ciò non potrebbe accadere ad altri? Cinque anni passati velocemente prima di approdare in Uganda, dove rimarrà fino al 2013, facendo il pastore a tempo pieno. La situazione non è facile, ma gli effetti di ciò che fanno i missionari è una pianta che si vede crescere giorno per giorno. Ci confida che la vera fatica ad operare viene dalla cultura tribale. Quando ci sono 52 lingue differenti che non comunicano tra loro, ogni tribù si muove come se fosse l’ombelico del mondo. Ed è una gioia vedere come il battesimo riesca a ribaltare queste logiche.

    Quando insegna Storia della Chiesa evoca spesso gli alpini e le loro vicende. C’è un pensiero fisso che lo ispira: senza fatica, quella che gli alpini hanno sperimentato nella loro carne, non si raggiunge la libertà. Alla fine del 2013 lo richiamano in Italia. A lui non hanno ancora detto nulla, ma nei corridoi si sussurra… Poi, il 12 febbraio scorso, lo chiamano a Roma: lei è nominato nuovo vescovo di Moroto. L’alpino Damiano Guzzetti trattiene il respiro, manda giù, ma la gola è secca… Incespica nelle parole: datemi un po’ di tempo. Sì, certo, ventiquattro ore. Poi un grande respiro, un sì senza ritorno e tanta serenità interiore. Anche la Chiesa, a modo suo è una macchina, che corre, ma che spesso ha bisogno d’essere revisionata e riparata. Un abbraccio da tutta l’ANA alpino vescovo Damiano Guzzetti.

    Bruno Fasani