Il Galilea 75 anni dopo

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    Ricorre quest’anno il 75º anniversario dell’affondamento del piroscafo Galilea che dalla Grecia riportava in Italia il battaglione Gemona, alcuni ospedali da campo della Divisione Julia e altri militari. Era la notte tra il 28 marzo 1942, verso le ore 22,45 quando un siluro inglese colpì la nave sul lato destro verso prua, che dopo un’agonia di circa sei ore s’inabissava nelle fredde acque dello Jonio.

     

    Il Galilea aveva a bordo 1.329 persone, per la maggior parte alpini, ma anche bersaglieri, carabinieri, numerosi militari in licenza, oltre a un centinaio di marinai e una sessantina di prigionieri, tra greci e italiani. Millecinquanta furono le vittime e solo 279 i superstiti, tra cui 205 alpini. Fatalità volle che fosse il Galilea ad essere colpito dal sommergibile inglese, su dodici navi tra civili e militari, che formavano il convoglio.

    Dal rapporto di missione del comandante inglese, recentemente acquisito, emerge che egli era a conoscenza di tutti i dettagli legati al passaggio del convoglio, grazie alla decrittazione dei nostri messaggi. Essendo quello del Galilea il maggior trasporto truppe dell’intera Campagna di Grecia (8.300 uomini), nelle disposizioni date alle sei navi di scorta, era stato ordinato che in caso d’attacco nemico, due navi avrebbero dovuto prestare soccorso, le torpediniere Castelfidardo e Mosto.

    Al momento del sinistro, per un disguido, il solo Mosto si trovò a soccorrere i pochi naufraghi, mentre il resto del convoglio si allontanava velocemente, raggiungendo Bari alle 19,30 del giorno dopo. Questa in estrema sintesi la tragica vicenda del Galilea e del battaglione alpini Gemona, che fu inghiottito dal mare in tempesta. Per ricordare degnamente questo anniversario, su disposizione del Consiglio Direttivo Nazionale, il Labaro presenzierà alla cerimonia che a rotazione interverrà, annualmente, a Muris, a Chions di Pordenone e a Sala Baganza in quel di Parma. Il 26 marzo scorso sul Monte di Muris a Ragogna davanti al monumento che ricorda le vittime del Galilea, si è svolta l’annuale cerimonia.

    Numerose le autorità civili e militari presenti. Per la Brigata Julia, presente con picchetto armato e fanfara, il comandante, gen. Paolo Fabbri accompagnato dal comandante del 3º Artiglieria da montagna, col. Enzo Ceruzzi; il comandante del battaglione Tolmezzo, ten. col. Simone Forza e quello del Reparto supporti tattici Julia, ten. col. Sergio Calderari con l’aiutante maggiore dell’8º Alpini, ten. col. Alberto Gobessi. Presenti pure il generale di brigata Bruno Morace, del Comando militare esercito di Trieste e il comandante provinciale dei carabinieri colonnello Marco Zearo. Non poteva ovviamente mancare la Medaglia d’Oro Paola Del Din, assieme al superstite del Galilea Onorino Pierobon e il reduce di Russia Gregorio Bigattin. Significativa la presenza delle scolaresche di Ragogna, attorniate dai numerosi labari, vessilli e bandiere delle associazioni d’Arma e combattentistiche presenti.

    Il Consiglio Direttivo Nazionale, di scorta al Labaro, era rappresentato dal vice Presidente vicario Luigi Caillotto e dai Consiglieri Renato Genovese, Renato Cisilin, Lorenzo Cordiglia, Michele Dal Paos e dal Revisore dei conti Ernestino Baradello. Per la Sezione di Udine, il Presidente Dante Soravito de Franceschi. Numerosi i vessilli delle Sezioni accanto ai vessilli dell’Associazione naufraghi del Galilea e dell’Associazione “Mai daur” con il presidente Daniele Furlanetto. Almeno centocinquanta i gagliardetti. La cerimonia ha avuto inizio con gli onori al Labaro e i discorsi delle autorità.

    Il sindaco di Ragogna, Alma Concil ha ringraziato gli alunni delle scuole del comprensorio, poiché è dai giovani che parte il nostro futuro. E ancora la Medaglia d’Oro Del Din per la sua presenza e il gruppo alpini di Muris, che da decenni porta avanti questa importante cerimonia. Ha preso quindi la parola il vice Presidente vicario Cailotto che ha ricordato come questi incontri abbiano lo scopo di tenere vivo il ricordo e la memoria, ma anche quello di cementare amicizie e alimentare il senso di appartenenza.

    Ha poi parlato della reintroduzione del servizio militare, un argomento importante per la conservazione e l’attuazione di quei valori che sono alla base della società. L’ultimo intervento è stato del comandante della Julia generale Fabbri che ha sottolineato come la tragedia del Galilea vide alpini, bersaglieri, carabinieri e marinai, uniti in un unico scopo: il bene della Patria da perseguire anche con il sacrificio della propria vita. La Messa, annunciata da uno squillo di tromba, è stata celebrata da monsignor Lucio Soravito De Franceschi, vescovo emerito di Adria e Rovigo, con il cappellano militare don Giuseppe Gangiu.

    Nella sua omelia, mons. De Franceschi ha rivolto un pensiero alla tragedia degli uomini imbarcati sul Galilea, senza scordare tutti quelli che hanno perso la vita nei vari conflitti di ieri e di oggi. Quindi il suo ringraziamento agli alpini di Muris per il costante contributo a questa cerimonia. Al termine della Messa, la deposizione delle corone ai vari cippi che ricordano i Caduti alpini, bersaglieri, carabinieri e marinai.

    Il giorno 28 (data dell’affondamento) nella sede degli alpini di San Daniele si sono ritrovati, in un incontro che si ripete da anni, i superstiti tenente Antonio Ferrante di Ruffano, classe 1914, ritornato per l’occasione dal Belgio, e Onorino Pierobon. Con loro c’erano il colonnello Andrea Piovera, vicecomandante della Julia, il Presidente di Udine Dante Soravito e di Pordenone Ilario Merlin con il Capogruppo di Chions. Accanto a loro anche i figli dei superstiti Giuseppe Macagno da Cuneo e Valentino Menis da Artegna. All’ora convenuta, il suono di una campanella ha ricordato l’ora della tragedia, scandita dalla Preghiera del naufrago del Galilea.

    Paolo Montina
    paolo.montina@virgilio.it