Il cappello alpino

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    Leggo L’Alpino da quando ho messo il cappello alpino nel lontano 1941, mi tuffo nella lettura con sana avidità, leggo l’editoriale, le lettere al direttore, alpinità, sentieri, programmi, alpino chiama alpino, vita delle Sezioni e dei Gruppi… ed è un bagno di alpinità.

    Del numero di luglio mi sono fermato ad ammirare la copertina “Quando vince lo sport” gridando con spontanea goliardia “ubi non ubi victoria”, godendo lo sfondo con le montagne innevate, poi un senso di amarezza, i tre cappelli degli alpini raffigurati, tre nidi di rondine. Ho appena compiuto i miei primi 93 anni ed il mio cappello non ha mai sofferto mutilazioni. Come non ricordare le notti invernali all’addiaccio ed il cappello posto sopra lo zaino divenendo tiepido morbido cuscino. Nelle marce in tempo di pace, nelle insidie della guerra, acqua e neve che lo inzuppavano. Per me e molti il cappello serve ancora per Bandiera. Il cappello passione associativa, spirito di Corpo, amore di Patria, allegria, quasi mai tristezza e sempre segno di autentica alpinità. Quei tre cappelli, senza nulla togliere alla magnificenza della vittoria e dello spirito alpino, quei disadorni mutilati cappelli, sono da relegare in un buio scantinato e sostituiti con cappelli tali e quali come al primo vestire grigioverde.

    Armido Cogo – Breganze (VI)

    Caro commendatore, mi sono andato a rivedere la copertina. Forse tu sei troppo puritano e così hai finito per vedere anche quello che non c’è.