Il Canto degli italiani

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    Lo scrisse nel 1847 Goffredo Mameli, poeta ventenne incline alle idee liberali e repubblicane, e poco dopo nel capoluogo piemontese Michele Novaro lo tradusse in musica. Il nostro Inno fu pensato da due genovesi in due città, Genova e Torino, legate a doppio filo dal fervore patriottico che preannunciava la guerra d’indipendenza dall’Austria, primo passo verso l’Unità. Ma quando cantiamo l’Inno nazionale, sappiamo cosa voleva comunicare Mameli?

     

    Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta, dell’elmo di Scipio s’è cinta la testa.

    L’Italia si è risvegliata, è pronta alla guerra e indossa l’elmo di Scipione l’Africano (il vincitore della decisiva battaglia di Zama contro i cartaginesi).

    Dov’è la Vittoria? Le porga la chioma ché schiava di Roma Iddio la creò.

    La Dea alata Vittoria (per i greci Nike) essendo per volere divino schiava di Roma, porge la chioma di capelli in segno di sottomissione e si offre alla nuova Italia e a Roma.

    Stringiamoci a coorte siam pronti alla morte l’Italia chiamò.

    Uniamoci in coorte (che era la decima parte della legione romana), perché la patria chiama alle armi.

    Noi siamo da secoli calpesti, derisi, perché non siam popolo, perché siam divisi.

    Per secoli siamo stati invasi da potenze straniere perché l’Italia non è uno Stato unico ma è divisa in tanti staterelli.

    Raccolgaci un’unica Bandiera, una speme: di fonderci insieme già l’ora suonò.

    Ci raccolga un’unica bandiera, una speranza; è arrivata l’ora di unirci.

    Stringiamoci a coorte siam pronti alla morte l’Italia chiamò.

    Uniamoci amiamoci, l’unione e l’amore rivelano ai Popoli le vie del Signore. Giuriamo far libero il suolo natio: uniti per Dio chi vincer ci può?

    Giuriamo di liberare la terra in cui siamo nati: uniti da Dio (per Dio è un francesismo) chi può sconfiggerci?

    Stringiamoci a coorte siam pronti alla morte l’Italia chiamò.

    Dall’Alpe a Sicilia dovunque è Legnano.

    Dalle Alpi alla Sicilia ogni città è Legnano, dove, nel 1176 i Comuni della Lega Lombarda sconfissero l’imperatore Federico Barbarossa.

    Ogn’uomo di Ferruccio ha il core e la mano.

    Ogni uomo ha il cuore e la forza di Francesco Ferrucci che nel 1530 difese la Repubblica di Firenze dall’imperatore Carlo V. Ferito, venne catturato e ucciso da Fabrizio Maramaldo, al soldo dello straniero, a cui rivolse la celebre frase: «Vile, tu uccidi un uomo morto!».

    I bimbi d’Italia si chiaman Balilla.

    I bambini italiani si chiamano Balilla. È un riferimento al bambino Giambattista Perasso, simbolo della rivolta popolare di Genova del 1746 contro la coalizione austro-piemontese.

    Il suon d’ogni squilla i Vespri suonò.

    Il suono di tutte le campane chiamò all’insurrezione il popolo di Palermo contro i francesi nel marzo 1282. Erano i cosiddetti “Vespri siciliani”.

    Stringiamoci a coorte siam pronti alla morte l’Italia chiamò.

    Son giunchi che piegano le spade vendute: già l’Aquila d’Austria le penne ha perdute.

    Le truppe mercenarie (spade vendute) sono deboli come giunchi e l’aquila, simbolo dell’Austria, perde le penne (è in declino).

    Il sangue d’Italia, il sangue polacco, bevé col cosacco ma il cor le bruciò.

    Il sangue d’Italia e il sangue della Polonia, smembrata dall’Austria insieme alla Russia (cosacchi), si fa veleno e brucia il cuore dell’aquila d’Asburgo.

    Stringiamoci a coorte siam pronti alla morte l’Italia chiamò.

    A cura di Mauro Castelli (Rivanazzano Terme, Pavia)