I mille figli d’Italia

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    Siamo nel cimitero di Arsiero in occasione del pellegrinaggio nazionale al Monte Cimone, per assistere a “Monumentale”, una pièce teatrale. Le sedie per il pubblico sono disposte fra le croci, l’atmosfera è magica, intensa. Si comincia con la lettura dei nomi dei Caduti lì accolti, si continua raccontando la conquista della cima, che si trova mille metri più in alto. 

     

    Poi la lettura di lettere di soldati italiani e le cronache di quei mesi da luglio a settembre del 1916 raccontati dalla parte austriaca. Parlano due ragazze, cantano, anche in tedesco; con loro i due sindaci, Tiziana Occhino di Arsiero e Diego Dalla Via di Tonezza del Cimone. Le parole, i canti, i nomi portano indietro di 100 anni; le ombre della sera si allungano in quella valle che gli austriaci riuscirono solo a “toccare” con la Strafexpedition, il buio sale piano verso le montagne attorno che parlano di grandi eroismi e migliaia di morti: Cengio, Priaforà, Cimone. I pensieri del pubblico sfilano fra le tombe e salgono verso le cime che un po’ alla volta spariscono nel buio.

    Sembra di rivivere i sentimenti di quei giovani di cento anni fa, le loro speranze, il dolore, la rabbia, la paura. E li accompagna la riconoscenza e l’affetto di chi la guerra non l’ha vissuta. Poi un riposate in pace pronunciato con affetto. La mattina dopo comincia tutto molto presto. L’ossario si trova a quota 1.226 e bisogna camminare un’ora per arrivarci dal paese più vicino, Tonezza del Cimone. L’organizzazione (Zona Ana Monte Cimone, guidata dall’alpina Giulia Ossato e comuni di Tonezza ed Arsiero) ha predisposto un servizio navetta per chi non se la sente di camminare.

    Dopo gli onori al Labaro dell’Ana e ai gonfaloni e il saluto al Tricolore, lo scrittore alpino Manuel Grotto ricorda i fatti d’armi legati del Cimone, un punto strategico molto ambito per la sua posizione dominante sulla vallata verso la pianura. Fu conquistato il 23 luglio dagli alpini del btg. Val Leogra, ragazzi provenienti da quei paesi e che conoscevano bene quelle montagne. Un’impresa impossibile, vedendo i luoghi, ma resa possibile grazie all’utilizzo di tecniche alpinistiche e mezzi come scale e corde. Con gli alpini combatterono i fanti delle brigate Novara e Bisagno. Gli austriaci tentarono invano di riconquistare la cima: ci riuscirono solo due mesi dopo esatti, grazie a un’enorme mina di 14 tonnellate di esplosivo che cambiò il profilo della montagna e seppellì la brigata Sele. Il Monte Cimone rimase in mano austriaca. Dopo la guerra furono recuperati 1.210 corpi.

    Tanti gli alpini alla cerimonia: il vessillo di Vicenza e di altre 14 Sezioni accanto ai gagliardetti di 96 Gruppi. Presente il ten. col. Autunno a nome del gen. Bonato. Il Presidente della Sezione di Vicenza Cherobin ha ricordato come si debba continuare a perseguire la pace tra i popoli. Mentre il Presidente nazionale Favero ha sottolineato l’importanza di «fare entrare nel cuore dei giovani un messaggio vero e profondo: gli alpini ritornano sui luoghi della Grande Guerra per non dimenticare».

    Il parroco ha celebrato la liturgia della parola, i momenti sono stati scanditi dalla Fanfara storica di Vicenza e dal coro Caviojo di Arsiero. Una cerimonia semplice in memoria di quei giovani di un secolo fa che morirono su questo Monte, tra loro anche Antonio Bergamas, il figlio di Maria, la donna che simbolicamente scelse la salma del Milite Ignoto ad Aquileia nel 1921.

    Dino Biesuz
    dino.biesuz@yahoo.com