I Fradis furlans

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Quarant’anni fa, alle 21 di giovedì 6 maggio 1976, una lieve scossa dà l’allarme alla popolazione friulana. Un minuto dopo, la catastrofe. Il terremoto che da secoli non trovava eguali riscontri nella storia del Friuli e della Carnia, metteva in ginocchio l’intera regione: 39 i comuni gravemente danneggiati in provincia di Udine, 6 in provincia di Pordenone; 42 morti a Buia, 341 a Gemona, 129 a Majano, 101 a Osoppo, 47 a Venzone, oltre a qualche migliaio di feriti. 

Il 15 maggio a pochi giorni dal terremoto, nella seduta appositamente indetta a Milano dal Consiglio Direttivo Nazionale, fu approvato un piano di intervento che sarà realizzato con un primo apporto consistente di offerte in denaro. Fu varato un progetto che prevedeva l’allestimento e il pronto impiego di undici cantieri di lavoro. Inoltre venne lanciata una sottoscrizione le cui somme verranno utilizzate per l’acquisto di materiale edile.

La premiata azienda Ana si rivela organizzata ed efficiente. Dopo due mesi e mezzo di lavoro, tremila case sono rese abili. A settembre dopo quattro mesi di intensa attività, giunge la comunicazione che il Governo degli Stati Uniti d’America ha predisposto uno stanziamento per la ricostruzione che alla fine ammonterà a 43milioni di dollari e la cui gestione sarà affidata all’Ana.

L’impegnativo mandato ebbe, alla fine, il più ampio riconoscimento da parte del Governo e del Senato americani. Il Friuli è stato un momento drammatico ma essenziale nella vita della nostra Associazione e dell’Italia intera perché gettò le basi per quella realtà che oggi è la Protezione civile nazionale. Per gli interventi in Friuli venne conferita all’Associazione Nazionale Alpini la Medaglia d’Oro al Valor Civile.