Giornali di trincea

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    Articolo di tipo Articolo pubblicato nel numero di Gennaio 2019 dell’Alpino

    “La verità non si poteva dire. Ogni giorno i giornalisti aspettavano il bollettino del Comando Supremo e dovevano limitarsi a svolgere solo ciò che esso conteneva”, osserva lo scrittore Arturo Lancellotti parlando della censura in Giornalismo eroico. Dopo Caporetto l’aria cambia. La guerra diventa difensiva e si combatte per proteggere la Patria e la famiglia. Nuovi vertici alla guida dell’esercito con l’arrivo del gen. Armando Diaz portarono anche a diverse modalità di comunicazione con l’istituzione del “Servizio P.” (che stava per propaganda, ma che era anche di vigilanza e assistenza), uno per ogni Armata.

    I più attivi furono gli “ufficiali P.” della 3ª Armata che proposero delle conferenze tenute da personalità civili e avviarono una capillare distribuzione di materiale informativo con l’intento di risollevare il morale dei combattenti. I giornali di trincea si diffusero nell’ultimo anno della Grande Guerra e furono un formidabile laboratorio letterario, illustrativo e giornalistico al quale collaborarono i più grandi dell’epoca, come Gabriele D’Annunzio, Grazia Deledda, Curzio Malaparte, Giorgio De Chirico, Giuseppe Ungaretti, Mario Sironi, Antonio Rubino e tanti altri.

    Realizzati su fogli in bianco e nero e più raramente a colori, ne nascono a decine, alcuni hanno vita di un sol numero, altri dureranno fin dopo il conflitto. Uno dei più famosi e diffusi è La Tradotta, ideato dal col. Ercole Smaniotto, alpino del 7º e capo dell’Ufficio P. della 3ª Armata, il quale affida la direzione al sten. Renato Simoni, già critico teatrale al Corriere della Sera. In tutti i 25 numeri del «giornale settimanale illustrato, d’indole gaia», la varietà di stili e di composizione ha una bellezza unica. I personaggi macchiettistici come il caporale C.Piglio ideato da Rubino, il soldato Baldoria di Fraccaroli o Muscolo Mattia e le sue peripezie per tener a bada i tedescacci, sono protagonisti di disegni umoristici, accompagnati da racconti in rima.

    Ci sono poi le illustrazioni a colori a pagina intera, ricche di particolari come in “Il fante si arrangia” che rappresenta in chiave ilare i vari momenti della vita in trincea, oppure “Gli spettacoli pirotecnici sul Piave” con i razzi che esplodono nel cielo quasi fossero fuochi d’artificio e un maestro d’orchestra rana che dirige un coro sulla sponda del fiume; oppure “L’Ardito si diverte” con il racconto dello svagato ardimento del soldato nel quotidiano. In altre pagine scritti e poesie sono incorniciati da pregevoli illustrazioni dal sapore Art Nouveau.

    In La Ghirba, giornale delle Armate di riserva, le penne e i tratti cambiano ma l’intento rimane lo stesso. Il primo numero apre così: “Il riso fa buon sangue (le bistecche lo fanno meglio). In ogni caso, gente allegra Iddio l’aiuta. La Ghirba si propone di tenere allegri i soldati della 5ª Armata, come altri giornaletti tengono allegri quelli delle altre. I soldati, intendiamoci (…)”. Anche La Trincea, settimanale dei soldati del Grappa, annuncia: “È fatto per Voi soldati. Esso viene fra Voi, vicino a Voi il più possibile come un buon amico per parlare ai vostri sentimenti ed al vostro cuore, per esservi sollecito di consigli e di affetti, per dirvi tutto ciò che il Paese fa per Voi e tutto ciò che chiede da Voi (…)”.

    Esso fu una grande fucina in cui collaborarono scrittori e grafici di fama, cambiò più volte veste e testata, e terminò le pubblicazioni dopo 35 numeri, nel gennaio 1919. C’era poi L’Astico, che come vantava, “era tutto scritto, tutto stampato e composto da soldati… in faccia al nemico”. Tra i suoi collaboratori c’era lo scrittore alpino Piero Jahier, offertosi volontario nel 1916 e nominato ufficiale addetto al “Servizio P.”. Tra le peculiarità de L’Astico ci sono i concorsi, come quello indetto per premiare il miglior oggetto costruito in trincea, oppure per suggerire la miglior ricetta con il riso, pietanza che per crescere in gradimento tra i soldati necessitava di apposita propaganda.

    Ciascuno tra i tanti giornali ricercava una nota distintiva ma c’erano dei tratti in comune. Quello più evidente era la volontà di raggiungere tutti i soldati, da quelli più istruiti, agli analfabeti o semianalfabeti che erano la stragrande maggioranza (si stima la metà della forza). Si spiega così la presenza di illustrazioni dettagliate per parlare agli illetterati. Un secondo aspetto era il linguaggio ricco di riferimenti dialettali, per comunicare a tutti, perché in trincea c’erano soldati provenienti da ogni regione italiana. È così che La Giberna nella sua rubrica “Musa dialettale” annuncia l’offensiva: “Mentre lu ferru è caudu/ battemilu chi cedi,/ si visti lu principiu,/ chi rincularu arreti”. Altri come L’Astico proponevano i canti dei soldati “così come son nati. Oggi friulani, domani siciliani o piemontesi. Così ci impratichiremo dei dialetti di tutta la famiglia dei soldati della divisione. E non solo dei dialetti: anche del cuore, perché il canto è rivelazione del cuore”.

    Alcune volte il linguaggio è da iniziati. Chi ha fatto la naja, anche in tempi recenti, sa che il suo vocabolario si è inspessito di termini da caserma, alcuni tanto fantasiosi quanto improbabili. Anche nei giornali di trincea alcune parole sono da chiarire, “non è un caso che si sentisse già allora la necessità di compilare un vocabolario di trincea”, spiega la storica Fiorella Bartoccini: “Maroc è il pane, muc il tedesco, ciclamino l’imboscato, buffa la fanteria scalcinata. Il borghese indicava colui che non portava l’uniforme: ‘Addio, e buona borghesia!’ si diceva a chi andava in licenza”.

    Tra le figure che spiccano nei giornali ci sono quelle femminili. Esse più spesso costituivano un richiamo sottointeso alla famiglia, alla mamma, alla casa e più estensivamente alla Patria, mentre altre volte erano inserite con garbata malizia nei vari racconti che narrano di Archibaldo Della Daga e la morosa Rosina Dalfodero che però ha avuto intrallazzi un po’ in ogni regione d’Italia, o le lettere alla Teresina, o quelle più rare ed erotiche alla Gigia: “Mia dolce cuoca/ sono un soldato scelto/ e quando il cor s’infoca/ muovo all’assalto, svelto./ La Gigia corrucciata/ risponde: ‘Ahimé! Che serve?/ Dopo la prima ondata/ ti mancan le riserve!”.

    All’opposto c’era il nemico, sbeffeggiato, reso grottesco e antipatico in tutta la sua essenza. Il nemico in quanto tale metteva tutti d’accordo nel contrastarlo, ma era necessario accrescere in chi lo combatteva la volontà di resistenza, l’audacia e il sacrificio. Il tema dell’odio verso “l’aquila bicipite” era ossessionante. E per renderlo ancor più veemente, come osserva lo storico Mario Isnenghi, “veniva incanalato lungo binari razziali o sessuali”. Così recita uno slogan in Savoia! del giugno 1918: “Il nemico si batte contro di te per avere la tua donna!/ per rubarti il grano ed il bestiame!/ (…) Alla baionetta Fante!”.

    I giornali di trincea sono quindi piccole grandi opere d’arte e di propaganda che però non aiutano a fotografare una realtà storica e hanno quindi poco da rivelare allo studioso che indaga su documenti per ricostruire fatti e circostanze. Il perché ce lo dice Isnenghi: “Essi tendono a definire i confini di ciò che è reale nel senso di escludere e porre fuori dal confine del reale tutto ciò che contraddice le scelte e l’egemonia dei gruppi favorevoli alla guerra, di cui i giornali stessi sono portatori. Nello stesso tempo fanno rientrare nell’area del reale, del verosimile e del concreto tutto ciò che favorisce la guerra e va nel senso della volontà di resistenza e di vittoria”. E alla fine vittoria fu. I giornali di trincea ebbero il merito di combattere la guerra a modo loro e furono preziosi strumenti in quell’azione di orientamento del consenso da parte degli intellettuali dell’epoca.

    Matteo Martin

    LA TRADOTTA giornale settimanale della 3ª Armata Fiorenzo Silvestri, collezionista e studioso dei giornali di trincea che ci ha gentilmente concesso alcune delle immagini che vedete pubblicate in queste pagine, ha curato un’edizione anastatica de La Tradotta, giornale settimanale della 3ª Armata. L’opera è composta da fascicoli sciolti e contiene un cofanetto con le riproduzioni di 25 numeri ordinari, pubblicati fra il marzo 1918 e il luglio 1919 e tre supplementi apparsi nel novembre 1918. L’ultimo fascicolo riporta la bibliografia e l’indice degli autori. Pagg. 300 – 35 euro più spese di spedizione; per l’acquisto contattare l’autore a: fiore.silve@gmail.com