Fronteggiare l’immigrazione

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    Caro direttore, in riferimento alla lettera di Di Luca (L’Alpino n. 3, pag. 4) e alle altre riguardanti l’arrivo di immigrati, non sono d’accordo con quelli che continuano ad insistere con questa accoglienza ad ogni costo. Poverini, dobbiamo accoglierli perché al loro Paese stanno male… e vengono qui a far star male anche noi? Abbiamo già i mali nostri! Questa gente va aiutata al loro Paese.

    Dove sono finiti i gruppi di alpini, e altri volontari, che andavano a scavare i pozzi di acqua in Africa, a costruire scuole, ospedali, e altro, ora sono troppo occupati a fare da balia a quelli che sono qui, assieme alle varie Caritas. A quei tanti acculturati, che si beano delle loro frasi fatte, altisonanti, che però nella pratica dimostrano poca intelligenza e buon senso, io preferisco la gente semplice, sincera, anche grezza, montanari, contadini, come era mio padre, che da buon veneto, due parole e tre bestemmie, ma non era cattivo. Mi ricordo una volta che esasperato gli ho detto: «Ma perché te bestemi, cossa el te gà fato Dio de mae?» E lui: «O bestemo parché ghe voio ben. Però lu nol me scolta!».

    Igino Favero – Besana in Brianza

    L’immigrazione va gestita, per il bene loro e nostro, ma non si può pensare alle persone straniere come ad una invasione di cavallette o di ratti. È disonesto scaricare su di loro colpe che sono solo nostre. Chi arma le guerre dalle quali loro scappano? Chi compra il petrolio dei loro persecutori e chi produce armi per far con loro l’affare? Per chiudere, e a titolo personale, anch’io amo la gente semplice e sincera. Sono anch’io veneto, montanaro e figlio di contadini. A casa mia nessuno ha mai bestemmiato. E siamo diventati grandi lo stesso.