E a tavola, la tradizione

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    DI STEFANO PILERI

    La tradizione, prima di tutto. È lei la vera protagonista nei ristoranti e nelle trattorie di Parma. Qui lo spazio per l'estro e la fantasia degli chef è davvero risicato. In cucina c'è poco da inventare e poco da sperimentare. A tenere banco sono sempre i grandi prodotti tradizionali legati al nome di Parma: i salumi di alto livello, la pasta fresca e ripiena, i grandi bolliti e gli arrosti…

    Loro costituiscono la struttura portante di quasi tutti i menù, quelli scanditi ad alta voce nella piccola osteria di campagna e quelli stampati sulla carta preziosa del ristorante rinomato. C'è chi la considera una delle migliori cucine emiliane. E chi invece l'accusa di essere poco moderna, monotona, di non sapere stare al passo con i tempi. Di certo la cucina parmigiana, quella vera, non lascia indifferenti e sa emozionare con la sua ricchezza di sapori e sensazioni. Con i suoi ingredienti semplici. Con i suoi prodotti tipici raffinati. Basti pensare ai salumi, che dominano senza rivali fra gli antipasti. Non c’è locale che non li proponga: culatello, prosciutto crudo, spalla cotta, salame di Felino, coppa

    E non è finita: strolghino, fiocchetto, pancetta, salame verdiano, salame gentile Pallavicino, spalla cruda con o senza osso, mariola. Tanti salumi probabilmente non si incontrano in nessun’altra zona d’Italia. L’apertura di un vero pranzo alla parmigiana spetta a loro, magari accompagnati da qualche pezzo di torta fritta (ma non con il culatello . per lui solo pane, rigorosamente).

    E dopo gli antipasti?Tra i primi brillano le paste fresche ripiene e non. Per chi ama i piatti in brodo ci sono gli anolini, con un ripieno in cui entrano stracotto di carne e parmigiano. Altrimenti, i super classici tortelli di erbette serviti con burro fuso e parmigiano. Molte trattorie e ristoranti propongono anche variazioni sul tema con altri tipi di tortelli ma sono varianti importate : quelli di patate, arrivano soprattutto dall’Appennino, quelli di zucca ovviamente sono originari delle province di Mantova e Cremona. Un altro primo molto più raro da incontrare nei menù è la classica bomba di riso con il piccione. Un piatto straordinario sempre meno diffuso ma che qualche ristorante continua a proporre.

    E siamo ai secondi. È forse l’unico momento in cui la tradizione parmigiana scricchiola e inizia a cedere il passo. Qui il ruolo dei protagonisti spetterebbe ai bolliti: cotechino, prete, zampone, manzo, testina, lingua, cappone tutti accompagnati da salse e mostarde varie. Ma il vero carrello dei bolliti è sempre più difficile da incontrare, così come la vecchia trippa alla parmigiana. Resistono invece senza problemi la punta , sia ripiena che no, e la faraona. Con queste corazzate del gusto , con tutti questi piatti forti da mettere in tavola, non è poi difficile capire perché molti ristoranti (non tutti comunque) evitano di puntare sulla novità e si affidano al classico e meno rischioso menù tradizionale.

    Certo dice un ristoratore parmigiano non è più il tempo dei Cantarelli . Mirella e Peppino con la loro straordinaria osteria di Samboseto segnarono una tappa fondamentale nella rinascita della cucina italiana di alto livello nel dopoguerra. Ma i pilastri della tradizione sono forti e reggono ancora. Non sarà un caso che Parma è una delle poche città dove i ristoranti stranieri non sfondano proprio, dove capita anzi che un ristorante cinese chiuda per essere sostituito da una classica trattoria parmigiana .