Custodi di un insegnamento

    0
    68

    Sul Monte Pasubio, ogni roccia, ogni sentiero, ogni angolo, ogni cresta pulsa di ricordi degli alpini, quegli uomini che lì si immolarono per fermare l’avanzata austroungarica della Strafexpedition. Sulla parete rocciosa che delimita la Strada degli Eroi sono collocate le targhe delle 15 Medaglie d’Oro al Valor Militare che lì combatterono, tra i quali Cesare Battisti, Fabio Filzi che furono catturati sul Monte Corno di Vallarsa, cima del massiccio del Pasubio, e Damiano Chiesa. Il Pasubio ha visto ogni tipo di guerra, di mine, di trincea, di fortezze, ma anche l’ingegno e la capacità dell’uomo di costruire opere belliche di grande ingegneria militare come la Strada delle 52 gallerie. E c’è un appuntamento, la prima domenica di settembre di ogni anno, al quale un alpino non può mancare: è il pellegrinaggio sul Pasubio, quest’anno nazionale e solenne.

    Presente in entrambe le giornate e a tutte le cerimonie il Presidente nazionale Sebastiano Favero con il vice Presidente vicentino Antonio Munari e molti Consiglieri nazionali. C’era il Labaro il sabato alla chiesetta di Santa Maria del Pasubio per la Messa, e successivamente sui Denti italiano e austriaco per la deposizione delle corone di alloro ai Caduti, e l’oro delle 216 medaglie su di esso appuntate ha scintillato nel cielo delle Piccole Dolomiti.

    Tantissimi gli alpini e le autorità civili e militari, ma anche le famiglie convenute domenica 6 settembre al Sacrario del Pasubio sul colle di Bellavista. Belle famiglie alpine e non, con bimbi piccoli al seguito: le penne nere della Sezione di Vicenza sono impegnate nella diffusione della cultura alpina e i frutti raccolti sono nella presenza di chi, non alpino, si unisce a loro in queste occasioni. Si trasmettono i valori del dovere, del ricordo, dell’onore, del coraggio e della Patria alle nuove generazioni che tanto necessitano di indirizzi certi e positivi nella nostra società, dove il diritto prevale sul dovere, l’io prevale sul noi, l’umiltà cede le armi all’arroganza, e la coesione alla solitudine.

    Era presente un nutrito gruppo di Consiglieri nazionali e 26 vessilli provenienti da molte regioni, rappresentative di tutti i 4 Raggruppamenti. Gli onori sono stati resi da un picchetto armato del 2º reggimento genio guastatori alpino di Trento, attualmente impegnato nelle opere di bonifica bellica in tutto il territorio vicentino. Suggestive e toccanti l’entrata in cerimonia della lampada votiva e la lettura dell’omelia scritta dal vescovo Ferdinando Rodolfi il 5 maggio 1918, rivolta ai battaglioni Vicenza e Monte Berico. La lampada è partita in pellegrinaggio il giorno precedente dal Santuario di Monte Berico (Vicenza) per essere collocata nella cripta dell’ossario ed è stata portata a piedi per 50 km da tanti alpini vicentini avvicendatisi lungo il percorso: ha sostato davanti a ogni monumento ai Caduti e ad ogni Sacrario dove sono stati resi gli onori.

    La Sezione di Vicenza ha realizzato una pergamena per il pellegrinaggio della lampada che è stata consegnata ai sindaci e ai parroci durante le varie cerimonie. Essa partirà poi per altri Sacrari del vicentino, durante il quadriennio di commemorazioni della Prima Guerra Mondiale. «È vero – incita il Presidente della Sezione di Vicenza Luciano Cherobin durante le allocuzioni – non li dimenticheremo mai, saremo custodi dei loro nomi, del loro ricordo, dei valori che li hanno guidati, non solo nell’estremo sacrificio, ma durante la loro vita, nelle loro famiglie, nei loro paesi e nei loro reparti, nei momenti gioiosi e in quelli tragici. Servire la Patria, come intendiamo noi alpini, non si limita a quello che facciamo oggi qui, celebrando questo terzo pellegrinaggio solenne al Pasubio, ma significa sentirsi costantemente impegnati a seguire il loro esempio.

    Testimonieremo giorno per giorno, con le parole e con le opere, l’amore che hanno dimostrato verso la nostra Patria; avremo il coraggio di dire no a quelle Istituzioni che non condividono con noi questa nostra missione e questo nostro giuramento. Perché i valori non mutano, restano quelli: i riferimenti culturali e storici di un popolo e le sue tradizioni, non si possono cambiare. Non si può immaginare una nuova e teorica civiltà universale dove, tutti uguali, non abbiamo né Patria, né storia, né tradizioni: dobbiamo recuperare la nostra identità, la nostra storia e soltanto dopo, in un comune sforzo, tra popoli diversi, dove ognuno mette sul piatto, come un bene prezioso, il suo passato ed il suo presente, si potrà progettare e raggiungere un futuro di pace».

    Alle sue parole si sono uniti il Presidente nazionale Sebastiano Favero che, colpito come tutti dalla presenza di famiglie intere e dai bambini, ha ribadito il valore inestimabile della famiglia e della pace: entrambe non si ricevono ma si costruiscono e si devono mantenere con impegno, con il senso del dovere e con l’amore: «Non è colpa dei giovani se oggi non capiscono più cosa significa ‘dovere’: sta a noi insegnarlo dandone l’esempio».

    A distanza di quasi novant’anni il Sacrario che si erge maestoso sul Colle di Bellavista, dominando la pianura vicentina, mostra tutti i malanni del tempo che lo attanagliano. Così la “Fondazione 3 novembre 1918”, proprietaria del Sacrario, nata nel 1921 a Firenze grazie alla lungimiranza del gen. Guglielmo Pecori Giraldi – le cui spoglie riposano per suo volere nel Sacrario del Pasubio insieme ai suoi soldati della 1ª Armata, combattenti e Caduti sul Pasubio – ha lanciato il grido di aiuto economico per sostenere le ingenti spese di restauro: tutta la Sezione di Vicenza ha risposto donando al Presidente della Fondazio ne, gen. C.A. Domenico Innecco, già comandante della brigata Cadore, un contributo di 25 mila euro; la Fondazione, per riconoscenza, le ha intitolato la “Sala dell’Attesa” al secondo piano del Sacrario.

    Cherobin ha ringraziato i suoi alpini per il cuore generoso e le mani laboriose che offrono alla Sezione e per l’efficiente “macchina organizzativa” e la magistrale regia delle varie cerimonie diretta dal consigliere di giunta Griselin. Da celebrazioni di questo tipo ritroviamo tutti la forza, le motivazioni e l’unione necessarie per portare avanti i nostri principi; coesione che deve essere come quella delle rocce che incombono e ci guardano dall’alto di queste sacre montagne.

    Monica Cusinato