COMO – Sulle tracce di Maria e Odoardo

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    Da alcuni anni la scuola primaria di Rumo (Trento) ha avviato un progetto di approfondimento per conoscere meglio il ruolo e la vita delle persone a cui è dedicata la loro scuola: Odoardo Focherini e Maria Marchesi. Durante l’ultima guerra Odoardo e Maria, insieme a don Dante Sala e ad altri amici, decisero di aiutare un centinaio di ebrei a scappare in Svizzera, per salvarli dalle persecuzioni e dai campi di concentramento.

    L’11 marzo 1944 Odoardo venne arrestato dai nazisti e condotto in carcere, per poi essere trasferito in varie località e morire il 27 dicembre dello stesso anno nel campo di concentramento di Hersbruck, in Germania. La moglie Maria, la cui famiglia era originaria di Rumo, allevò da sola i loro sette figli. Odoardo ricevette diversi riconoscimenti alla memoria da parte degli ebrei, ma anche dello Stato e della Chiesa che lo ha proclamato Beato nel 2013.

    Con gli alpini del Gruppo di Maslianico, guidato da Italo Colombo, gli studenti hanno ripercorso le vie utilizzate dagli ebrei nei pressi di Cernobbio. Proprio sui luoghi simbolo di queste fughe per la libertà gli alpini hanno recentemente ripristinato alcuni sentieri che portano al confine, tracciati che erano stati usati in passato anche dai contrabbandieri, al valico di Roggiana.

    Da Ronco, punto di partenza della camminata, gli alpini di Maslianico hanno marciato con gli studenti fino al sentiero chiamato “ul tèrz”, la sorgente Cosio e da qui alla scala di Ronda che serviva alle guardie per controllare i ripidi pendii di confine e limite in territorio ancora italiano, dove esiste l’originale recinzione a filo spinato e la ricostruzione di una garitta di guardia.

    Hanno raggiunto il cippo di confine n. 59: un tempo gli ebrei in fuga di notte si accorgevano di aver raggiunto la salvezza proprio alla visione delle luci di Chiasso, in quanto in Italia vigeva il coprifuoco e tutto era buio. Su questi luoghi della memoria gli alpini hanno narrato storie di vita vissuta, come quella raccontata dall’alpino Ermanno Tavecchio, che a novant’anni è salito sui ripidi sentieri che calcava in gioventù, e dall’ottantenne Enrico Monti, la cui famiglia, quando era piccolo, accolse in casa alcuni ebrei in fuga.