Cima Vallona: un canto di dolore

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    «Portategli il vostro sincero rimpianto, portategli il vostro ricordo soltanto, che sappiano loro che sono partiti che noi tutti noi siam rimasti feriti. Portategli il vostro sincero rimpianto, portategli il vostro ricordo soltanto, che sappiano loro che sono partiti; che noi, tutti noi, siam rimasti feriti. Portategli i fiori, portategli il sole, un bacio di donna, un ricordo d’amore. Chi sa maledire o chi sa pregare quei quattro ragazzi dovrà ricordare. Voglio saper se la mano assassina che ha mosso la terra, che ha messo la mina, sa stringere un’altra, se sa accarezzare se quella d’un uomo può ancora sembrare».

    I versi finali della canzone “Cima Vallona” sono risuonati a Cappella Tamai l’ultima domenica di giugno. È stato il momento più emozionante della cerimonia per il 48º anniversario dell’eccidio, quando il sindaco Giancarlo Ianese e il Presidente della Sezione Cadore Pierluigi Bergamo hanno consegnato al superstite Marcello Fagnani, Medaglia d’Argento al Valor Militare, e ai familiari delle vittime – tra cui Gabriella Piva, sorella dell’alpino Armando di Valdobbiadene – la pergamena con il testo della canzone autografata dall’autore Francesco Guccini.

    Un omaggio quanto mai significativo se si pensa che la canzone, poi incisa da Caterina Caselli, è stata scritta nel 1968, l’anno successivo all’eccidio, in un momento di particolari tensioni e proteste giovanili. L’autore, nemmeno trentenne, che pure non può essere accreditato di simpatie militariste, fu però toccato dalla tragica morte dei quattro militi, al punto di comporre una poesia delicata e mai retorica, che ben interpreta i sentimenti di chi ogni anno partecipa al rito a San Nicolò di Comelico. Nelle allocuzioni ufficiali prima della Messa, il saluto del sindaco Giancarlo Ianese, che ha ricordato in breve la vicenda con il primo attentato che uccise nel giugno 1967, l’alpino Armando Piva in ricognizione nella zona di Cima Vallona dove terroristi altoatesini avevano già danneggiato un traliccio dell’energia elettrica. Poco tempo dopo nella trappola mortale da loro predisposta cadde anche la pattuglia antiterrorismo guidata dal capitano dei carabinieri Francesco Gentile e composta anche da Mario Di Lecce e Olivo Dordi, incursori dell’Esercito.

    Marcello Fagnani, componente della stessa squadra rimase gravemente ferito. Come ha sottolineato Pierluigi Bergamo dal 1970, anno in cui fu inaugurata la chiesetta, la Sezione Cadore assieme a vari Gruppi alpini del Comelico, organizza in collaborazione con il Comune questa significativa cerimonia. «Senza questo suggestivo punto di incontro – ha concluso Bergamo – forse oggi saremmo dispersi, invece proprio da questo luogo anche oggi confermiamo le promesse fatte allora. Tre sole parole: perdono, amicizia, pace. Siamo sempre convinti che questa sia la strada giusta. Ecco perché vorremmo ricevere dai vicini amici della Provincia di Bolzano un cenno di condivisione e una forte stretta di mano per continuare a camminare insieme».

    Dopo il saluto del gen. Ornello Baron, in rappresentanza del Comando Truppe Alpine di Bolzano, il vice prefetto De Stefano ha letto il messaggio del ministro della Difesa Roberta Pinotti. In chiusura il saluto del vice Presidente vicario dell’Ana, Ferruccio Minelli. «Questa celebrazione – ha detto – risponde alle semplici parole insegnateci dai nostri padri, per non dimenticare. È anche esempio di quel senso del dovere che dovrebbe ispirare i nostri giovani. Di qui l’auspicio che nuovi provvedimenti di legge – anche senza riproporre la leva obbligatoria – prevedano comunque forme di impegno per i giovani a favore del loro Paese». Di prima mattina, sul luogo dell’eccidio dove è stato edificato un sacello, si era tenuta una breve cerimonia con la benedizione di don Fabio Fiori e la posa di una corona d’alloro da parte delle autorità militari e civili.

    Livio Olivotto