Canti? Meglio se alpini doc

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    La vita media di un coro è stimabile in 35 anni. Il coro ANA più longevo ha 63 anni, il più giovane forse sta nascendo proprio in questo momento. Il movimento corale è in continua rivoluzione. Arrivare a sessant’anni, così come decidere di avviare un coro oggi presuppone l’avere passione, organizzazione, buone idee. Non è cosa semplice, ogni corista deve sapere gestire prove, lavoro e famiglia. Tra i cori più attivi gli impegni arrivano ad essere anche un centinaio all’anno. Organizzazione, gestione e professionalità. Scelta dei repertori, studio musicale, approfondimenti sui canti.

     

    Il tutto a livello amatoriale certo, ma con l’intento di riuscire ad offrire spettacoli di livello professionistico. Gli alpini cantano da sempre, ma in montagna i primi cori (Coro SAT nel 1926) si erano già formati da tempo quando a Milano, dove aveva e ha sede l’ANA nazionale, viene fondato il Coro ANA di Milano. Era il 1949 e da subito il neonato coro si allinea ai dettami del coro SAT, salvo poi assumere una propria identità interpretativa e di produzione musicale che lo ha sempre caratterizzato. Rileggendo le cronache del tempo è chiaro come si parlasse di due epigoni: Coro SAT per il canto popolare e di montagna e Coro ANA di Milano per il canto alpino.

    I cori ANA iniziano quindi a prendere forma. Realtà corali ancora oggi forse meno note al grande pubblico, ma veri e propri talenti che crescono in seno all’ANA. Da una ricerca effettuata consultando gli archivi delle varie associazioni corali italiane risulta che su circa 500 cori maschili in attività, più di un quinto (140 circa) sia sotto egida dell’ANA. Significativo e straordinario. Il coro è di fatto, una grande risorsa culturale e associativa alpina di Gruppi e Sezioni. Con una media di 25 coristi per coro, si può ipotizzare che oltre 3.500 soci ANA facciano parte di una formazione corale. Le qualità artistiche dei nostri cori in alcuni casi protendono all’eccellenza, per ricerca nel campo dell’etnomusicologia, per capacità compositiva e interpretativa.

    Attingendo dall’ormai vasto repertorio dei cori ANA qualunque realtà corale oggi potrebbe formare un repertorio di canti popolari, d’autore, di montagna e degli alpini senza essere costretti ad uscire dal contesto ANA. Forse ciò che manca è un pizzico di coscienza corale collettiva. Le opportunità di diffondere le nostre storie, la tradizione alpina, i fondamenti associativi, sono possibili anche attraverso le capacità dei nostri cori ANA. Dopo il convegno di Lecco del 1965 in “difesa del canto alpino” non sono stati pensati ulteriori momenti di condivisione di così grande richiamo.

    Oggi, molti, troppi canti in maniera superficiale vengono definiti “canti degli alpini”. Per opportunità, non per demeriti di chi compone o del genio armonizzante degli autori, piuttosto per la superficialità e per l’equivoco generato da chi, proponendo il canto, è poco propenso o interessato ad approfondirne i contenuti. La salvaguardia del canto alpino, bene inestimabile, genere definibile e troppo poco definito correttamente, parte anche da queste piccole cose. I cori cantano e hanno voglia di farlo, qualsiasi cosa a dire il vero, certo, solo canti alpini sarebbe impensabile. Tuttavia in un momento molto difficile della nostra storia, nella sostanza delle nostre proposte si potrebbe cercare di fare meglio, partendo dal prestare più attenzione a ciò che si canta, approfondendone la storia.

    In ultimo un consiglio per chi ha già sentito un coro, e anche per chi non lo ha mai fatto. Recatevi presso il vostro Gruppo o la vostra Sezione, chiedete di assistere alle prove (quasi sempre aperte al pubblico) o ai concerti del vostro coro ANA. Ovunque siate, ascoltate le storie che hanno da raccontare i nostri cori, sono le storie delle nostre regioni, delle nostre montagne, dell’animo umano e di tutti noi alpini. Alpinità dopotutto è anche fare parte di un coro, possibilmente coro ANA.

    Ivan Fozzer