Cantare la coralità

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    Villa Cordellina Lombardi di Montecchio Maggiore ha ospitato il concerto dei cori delle brigate alpine in congedo, a conclusione del loro 4º raduno nazionale e del 2º convegno nazionale Ana sulla coralità alpina, svolti a Vicenza. Per una sera il tempo ha risparmiato il consueto temporale e la villa ha fatto da splendido sfondo ai cantori uniti in un unico grande gruppo disposto sulla gradinata.

     

    Un coro che non esiste – ha spiegato don Bruno Fasani, direttore de L’Alpino – perché i sei cori svolgono attività autonoma e si sono messi assieme solo per questa grande occasione, voluta dall’Ana nazionale (in alto, dietro i cantori, spiccava il Labaro) e dalla Sezione di Vicenza. Ci si aspettava di ascoltare i classici canti degli alpini, nati in trincea, negli accantonamenti, nelle marce.

    Come ha confermato Andrea Brugnera, leggendo la pagina di “Centomila gavette di ghiaccio” che racconta la nascita di “Sul ponte di Perati” fra gli alpini al fronte. E infatti il concerto è partito dal “Testamento del capitano”, un classico. Ma è stato l’unico. Si è passati infatti ai “Monti Scarpazi”, canto dei trentini inquadrati nei reparti austroungarici, e poi alla trilogia sugli alpini in Russia di Bepi De Marzi, “Joska la rossa”, “L’ultima notte” e “Voci di Nikolajewka”, canti che parlano di alpini ma sono usciti dalla mente di un grande poeta e grande alpino. Suoi ancora “Scapa oseleto” e “Rifugio bianco”, intervallati da “Daur San Pieri”, canto friulano diretto ieri sera dal suo autore, Marco Maire.

    Il programma ha visto un ritorno al repertorio Sat, con “Belle rose” e la “Montanara”, per tornare poi a De Marzi con uno strepitoso “Benia cala storia”: un coro così possente ha offerto un crescendo da brividi al pubblico, che aveva occupato tutti i posti disponibili nel parco della villa e stava anche in piedi. Nel breve intervallo Mario Lanaro, direttore del coro della Julia, ha raccontato come è nato il “coro che non c’è”: i sei gruppi si sono trovati assieme per la prima volta proprio a Villa Cordellina e per la prima volta hanno provato brani che sono un po’ in tutti i loro repertori, dando così una dimostrazione di come si può andare avanti insieme, costruendo molto, in amicizia.

    Si è ripreso con “Io mi fermo qui”, addio scritto e diretto da Giorgio Susana sulle parole di un Caduto in Russia e l’inno degli alpini, “Trentatré – Valore alpino”, armonizzato da Lanaro, con don Bruno che ha spiegato quante volte il numero 33 entra nel nostro inno. Infine l’evento, un’emozione unica, Bepi De Marzi, chiamato in scena a gran voce e salutato da un applauso affettuoso, che ha diretto “Signore delle cime”, cantato dai cori e anche dal pubblico. Un concerto importante, perché tenuto da alpini che ci hanno fatto capire dove va il canto degli alpini. Passa il tempo dei brani tradizionali, dei ricordi di guerra o di naja, delle strofe ripetute tutte uguali, delle semplici composizioni.

    Adesso nei repertori entrano brani d’autore, scritti da poeti e musicisti, che affrontano i temi della vita, principi universali che non hanno tempo, sentimenti che vivono in tutti. Oppure cose di una volta che scompaiono nell’evolvere dei costumi. Sono intervenuti, con parole di saluto e ringraziamento, il Presidente della Provincia Achille Variati, il sindaco di Montecchio Maggiore Milena Cecchetto e il Presidente nazionale Ana Sebastiano Favero.

    I cori dei congedati delle brigate Cadore, Julia, Orobica, Taurinense, Tridentina e della Scuola militare alpina hanno concluso la serata con l’Inno di Mameli armonizzato da Mario Lanaro, cantato anche dal pubblico in piedi.

    Dino Biesuz

    dino.biesuz@yahoo.com