Buon Natale senza retorica

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    Negli auguri di Natale ci sta dentro un po’ di tutto. Ci stanno i sentimenti buoni, quelli che ci fanno desiderare il bene delle persone alle quali vogliamo bene. Ci sta l’eco del fatto cristiano da cui il Natale prende l’avvio, ossia la storia di una creatura che è venuta a insegnarci la dignità di ogni essere, lasciandoci come compito quello di perseguire la pace, attraverso relazioni ispirate alla fraternità e alla solidarietà.

    Ci sta la nostalgia per l’innocenza perduta, quella che, da bambini, mettevamo nelle letterine per i nostri genitori. Promesse, che spesso sfiorivano come la neve ai primi raggi di sole, i raggi della vita vissuta, ma che, comunque, erano il segnale di una retta intenzione e di una volontà precisa di perseguire il bene.

    Ci sta la speranza, quella che cambia in meglio la vita mutandone il destino, spesso fuori o nonostante i nostri calcoli e le nostre logiche. Ma negli auguri, nascosti come parassiti, si possono nascondere anche il formalismo di facciata o la retorica a buon mercato. Dirci Buon Natale costa poco o niente, se questo augurio non trova concretezza di obiettivi e slancio operativo. E allora, tra le mille cose che vorrei augurare, ce n’è una che mi prende particolarmente. Vorrei augurare al nostro Paese il dono della legalità.

    Non solo quella di vertice, ossia la trasparenza di chi ci governa e la lotta alle logiche tangentizie, ma anche quella di base, che si traduce in una ritrovata sicurezza per i cittadini. La sicurezza non è un lusso. E nemmeno un fatto di Destra. È un diritto. La troppa retorica sulla legalità, che fa belli coloro che la vendono a chiacchiere, si scontra ogni giorno con una crescente illegalità. Quella delle occupazioni abusive delle case, della violenza gratuita per le strade, del racket dei questuanti, gestito con la manovalanza di bambini handicappati, comprati in Romania dalle loro poverissime famiglie per 500 euro. Autobus costretti a viaggiare con la guardia armata, ridotti a Far West, terra di nessuno dove comandano i più forti e i più violenti. È accaduto a Brescia. Accade nelle nostre città.

    Senza dimenticare i treni pendolari, da Torino, Verona, Milano, Bergamo, Padova, Salerno, Taranto, solo per fare qualche nome, dove viaggiare è spesso un’avventura all’Indiana Jones. Un clima di illegalità, acuito dall’impressione che molte sentenze dei tribunali siano ispirate più alla tutela dei malavitosi, che a quella dei cittadini. Le carceri saranno anche piene e le multe dell’Europa dietro l’angolo, ma l’Italia non può essere in balia della delinquenza, solo perché minacciati nel portafoglio.

    Le alternative ci sono e vanno perseguite con determinazione, evitando che il Paese si trasformi in terra di nessuno o passi nell’immaginario collettivo come terra dove si può fare ciò che si vuole perché tanto nessuno va in galera. La sicurezza non è un optional. È condizione base perché la convivenza sia possibile e garanzia di democrazia.

    Augurarci Buon Natale è allora augurarci che un sussulto di coscienza collettiva porti chi ci governa a sentire il grido che si alza dalla gente. Non è solo un grido di protesta, è piuttosto un desolato lamento. Dirci Buon Natale, perché sia davvero buono, potrebbe cominciare da qui.

    Personalmente vi raggiungo con un augurio pieno di ogni bene. Al quale unisco la voce di tutta la redazione de L’Alpino. La chiamo redazione, ma sarebbe più giusto chiamarla famiglia. Buon Natale.

    Bruno Fasani