“Alpinità” a Città del Capo

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    Confesso: il termine “alpinità” non l’avevo mai sentito. Lo ha pronunciato ieri nel suo discorso il Presidente dell’Associazione Nazionale Alpini Sebastiano Favero e ci è piaciuto. L’ho cercato in internet e ho scoperto che è un termine sul quale sono stati scritti saggi ed editoriali che ne spiegano la genesi e il significato. Racchiude ed esprime i valori di cui sono portatori gli alpini e dei quali tutti siamo stati testimoni ammirati ogni volta che l’Italia e gli italiani hanno avuto bisogno di cuori generosi, braccia forti e spiriti indomiti.

     

    Io stesso ne sono stato testimone ammirato nel 1976 in Friuli, quando, un anno esatto dopo l’Adunata degli alpini a Udine, alla quale avevo partecipato da cronista, il terremoto sconvolse e distrusse i villaggi fra le colline già verdi di primavera, e gli alpini prima dell’alba già aiutavano i friulani a sgombrare le macerie, a estrarre dalle macerie morti e feriti, a offrire un pasto caldo ai sopravvissuti, con lo sguardo ancora vitreo dal terrore. Benvenuta allora l’alpinità al Capo. Ovviamente gli alpini – pochi ma buoni – c’erano già, sparsi fra gli italiani che a questo Paese hanno regalato infiniti esempi di quei valori che i figli delle montagne hanno scelto come stile di vita, ma fino a ieri non potevano ancora dirsi un Gruppo alpino.

    Oggi sì, sono riuniti nel nuovo Gruppo di Città del Capo – grazie all’intraprendenza di Valentino Rottaro e all’entusiasta adesione di tutte le altre penne nere del Capo – e hanno il loro gagliardetto, benedetto da don Pedro che ha celebrato la Messa nel salone del Club Italiano e che con parole ispirate ed evidente ammirazione ha fatto riferimento ai grandi valori che compongono quella scelta di vita, che il presidente Favero ha subito dopo chiamato alpinità. Sono entrati nel salone come sono soliti marciare durante le adunate, che ne raccolgono a centinaia di migliaia in una sola volta, preceduti dal vessillo della Sezione Sudafrica e dal gagliardetto del Gruppo di Johannesburg, con la madrina del neo-costituito Gruppo di Città del Capo, Simonetta Dalla Cia, che recava, con emozione e orgoglio, il nuovissimo gagliardetto su un cuscino rosso. Si sono fermati davanti all’altare da campo e hanno ricevuto in raccolto silenzio la benedizione di padre Pedro, ultimo acquisto della Congregazione Scalabriniana del District Six, alla sua prima missione. Non erano in tanti, forse una dozzina appena, ma da loro traspariva orgoglio e fierezza come fossero stati mille volte mille. Poi il gagliardetto è stato allacciato alla punta di un’asta argentata con in cima un’aquila dorata ad ali spiegate e un alpino l’ha portata sul palco, alla destra dell’altare.

    Nel corso della Messa Valentino Rottaro ha letto la Preghiera dell’Alpino. Dopo la Messa il pranzo sociale, annaffiato dai celebri vini di Giorgio Dalla Cia, che per tutta la vita ha applicato l’alpinità anche alla sua diuturna missione di deliziare i palati della gente con quanto di meglio le vigne del Capo siano capaci di offrire. Sul tavolo al quale sedevano i vertici dell’Ana, venuti appositamente dall’Italia, e quelli dei due Gruppi sudafricani, faceva bella mostra di sé un bottiglione da cinque litri del Merlot del 1998 che valse a Dalla Cia il titolo di miglior vinificatore del mondo al Vinitaly, indiscusso Olimpo dove non Giove ma Bacco regna sovrano. Prima del congedo gli alpini, sempre parchi di parole, hanno rubato pochi minuti alle conversazioni fra i centotrenta presenti al Fogolar Furlan, per commentare la serata e premiare coloro che ne erano stati gli artefici. Il vice Presidente nazionale dell’Ana Ferruccio Minelli, ha assunto il ruolo di conduttore, la presidentessa del Fogolar Giuliana Loi Cockcroft ha fatto gli onori di casa e ha offerto un ricordo della giornata agli ospiti venuti dall’Italia e dal Gauteng (una provincia del Sudafrica).

    Il Presidente Favero ha a sua volta distribuito alcuni ricordi a Simonetta Dalla Cia, Valentino Rottaro, Tullio Ferro, presidente della Sezione Sud Africa e anche a Paolo Como, il più giovane fra gli alpini protagonisti della giornata e vice Presidente della Sezione. Nato in Sudafrica, con papà e nonno italiani, in famiglia ha sempre respirato aria alpina e così ha deciso di tornare in Italia per fare il militare, non prima di avere avuto assicurazione che sarebbe andato negli alpini: e così è stato. Ma non è il solo: anche un altro giovane, figlio di alpini, Vittorio Dalla Cia, ha seguito la stessa strada e, dopo aver fatto l’alpino in Italia negli anni 1993/’94, nel btg. Gemona, 8º Alpini, si è arruolato nell’Esercito del Sudafrica dove presta servizio con il grado di maggiore.

    La prossima Adunata nazionale sarà a L’Aquila e il Presidente Favero si aspetta una grande partecipazione, in particolare delle rappresentanze di altri Paesi che hanno Corpi militari assimilabili a quello degli alpini e delle delegazioni di Sezioni e Gruppi alpini di tutto il mondo, compresi il vessillo della Sezione Sudafrica e i gagliardetti dei suoi Gruppi, a dimostrazione della loro alpinità. Nel suo intervento Favero ha sottolineato con forza l’impegno della Sede Nazionale, nel pensare e trovare soluzioni che assicurino continuità alle Sezioni e ai Gruppi all’estero che, con il loro lavoro nelle realtà locali, tengono alto il nome dell’Italia. L’amore per il nostro Paese, per la nostra Bandiera, l’attaccamento ai valori alpini, fanno dei nostri soci all’estero i migliori ambasciatori dell’italianità nel mondo.

    Ciro Migliore
    Giornalista della pubblicazione on line “Gazzetta del Sud Africa”