Alpini a Messa

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    A Torino non sono riuscito ad assistere alla messa per i Caduti, celebrata in piazza Castello. Ho rimediato rifugiandomi nella chiesa di San Secondo martire, rassegnato ad una messa ‘normale’. Il parroco, anziano d’età, ma giovane e brillante nell’anima ha proposto una considerazione che m’ha colpito profondamente: “Quanti sono gli alpini che oggi sciamano per Torino? Si dice due …trecentomila.

    Quanti di loro si sono riservati un’oretta da dedicare al Signore, oggi o domani, che è domenica? Se solo una piccola parte di loro avesse ricordato Cristo, ogni chiesa straboccherebbe d’alpini; invece anche questa chiesa, per quanto piccola, non è certo stipata di gente e di alpini ne vedo pochi”. Allora ho pensato alla Preghiera dell’Alpino ed alla “… nostra civiltà cristiana”, alla canta “Dio del cielo” ascoltata in piedi perché, per noi, è una preghiera, a quel ragazzo, alpino di ventidue anni morto in Russia che scrive: “Cara mamma, qui fa fredo e si magna male, ma ho una buona notizia: questo Natale son riuscito ad andare alla Messa…”. Sarebbe un bellissimo esempio di coerenza alpina se si desse spazio anche al Signore. Per don Gnocchi e per tutti i nostri cappellani alpini il regalo più bello.

    Stefano Giovanni Loffi

    La riflessione non fa una grinza. A Torino ho perso anch’io Messa e non per gravi motivi. Resto tuttavia convinto, e spero che non si pensi ad un’autoassoluzione, che la religiosità alpina vada cercata nel cuore e nelle opere più che negli atti prescritti da Santa Madre Chiesa. Dei Corpi militari, azzardo, siamo tra i bestemmiatori più blasonati. I poveri cappellani militari ai miei tempi non si formalizzavano più di tanto sulle nostre parole, a volte sconce, non raramente irriverenti, mai cattive. Per questo il prete vestito come noi non perdeva, forse accresceva, il crisma del sacerdote e non raramente era più autorevole dei superiori gerarchici. La moralità un po’ guascona nascondeva cuori sensibili e se preghiere ne sentivi poche, santini e medaglie ne circolavano parecchi a sottolineare sentimenti autentici di devozione cristiana. Che emergeva con prepotenza nei momenti cruciali, come ricorda Mario Rigoni Stern in quel “adesso e nell’ora della nostra morte”, ripetuto durante la ritirata di Russia. Un’ancora di salvezza. Tutto questo, ovviamente, non ci esime dal fare un regalo a don Gnocchi, a prescindere dai precetti.