All’inizio fu canto di soldati

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    Alla fine della Grande Guerra, a Trento, stavano insieme, ancora in servizio come ufficiali, Piero Jahier, alpino, che aveva diretto il giornale di trincea “L’Astico”, e il musicista Vittorio Gui, sottotenente del Genio. Pressoché coetanei, poco più che trentenni, dedicavano il tempo alla stesura e alla stampa dei canti che avevano sentito intonare dai soldati lungo il tempo del conflitto, canti di tutte le regioni italiane. E insieme pubblicarono il fascicolo “Canti di soldati”.

     

    Vittorio Gui, che sarebbe diventato poi un celebre direttore d’orchestra, realizzò la stesura musicale con un sapiente accompagnamento a quattro parti per la tastiera, che fu interpretato però come per una ideale proposta per un coro a quattro voci. Su quelle raffinate tracce armoniche, Luigi Pigarelli realizzò qualche anno dopo le versioni corali per quello che doveva diventare il coro maschile della S.A.T., guidato dal grande e ispirato Silvio Pedrotti di Trento.

    I primissimi “Dischi Odeon” degli anni Trenta hanno fatto diventare questo repertorio il simbolo del cantare nel sempre più diffuso escursionismo di massa sostenuto dal fascismo. Le escursioni tendevano alle valli tra le montagne, alle montagne stesse. Così è stato facile far diventare quella formula vocale e armonica il “canto della montagna” anche se era nato in città, proposto nel suo carattere da uno scrittore di origini genovesi e da un musicista nato a Roma.

    Tante generazioni di appassionati della montagna hanno percorso questo mirabile repertorio raccolto da Jahier; tante formazioni corali si sono ispirate a quel modo suggestivo di modulare la voce. E i canti, gli inni del regime fascista, non hanno offuscato la purezza e l’emozione della “Formula Pigarelli”, non hanno intaccato la sapienza interpretativa di Silvio Pedrotti e dei suoi tre fratelli, intorno ai quali si è formato il celebre Coro Trentino. Pedrotti diceva sorridendo che se in famiglia fossero stati solo due maschi e due femmine, il coro della S.A.T. sarebbe stato un coro misto, con soprani, contralti, tenori e bassi. Nella seconda guerra mondiale, gli alpini non hanno mai intonato volentieri i canti del fascismo, né in Albania e tantomeno in Russia.

    Si inventavano testi su melodie popolari esistenti: testi malinconici, per lo più nostalgici, spesso disperati, che venivano perfino proibiti dagli alti comandi, come “Sul Ponte di Perati” inventato sull’aria del “Ponte di Bassano”. Parodie, insomma. Si sappia che anche “Giovinezza”, l’Inno Trionfale del Partito Nazionale Fascista, era un adattamento poetico di Salvator Gotta alla musica di Giuseppe Blanc, autore insieme a Nino Oxilia di un canto goliardico del 1909 dal titolo “Commiato” che recitava così: “Son finiti i giorni lieti / degli studi e degli amori…”.

    Anni fa, a Lecco, c’è stato un Convegno di competenti per stabilire un elenco dei “veri canti alpini”. Si vada a leggerne gli atti per trovare perfino dei risultati inattesi, non del tutto soddisfacenti per noi alpini, però sinceri e inattaccabili. Mario Rigoni Stern ha raccontato che prima di partire dalla riva del Don per la tragica ritirata, un alpino del Vestone ha intonato “Mira il tuo popolo” per far sentire ai russi di là del fiume come cantano gli italiani. E quando si è alzato lo slancio di Anch’io festevole corro ai tuoi piè, o Santa Vergine prega per me”, le nostre lacrime disperate erano perle di ghiaccio.

    Bepi De Marzi


    LE MAGNIFICHE 10

    Quali sono le cante che più spesso vengono proposte nei concerti dai nostri cori e che trovano maggiori consensi da parte del pubblico? Abbiamo fatto una veloce ricerca ed alla fine abbiamo stilato questa classifica. Che vuole essere solamente indicativa, è chiaro. Infatti, la numero 2 della nostra classifica, Stelutis Alpinis, troverà probabilmente minor gradimento di Montagnes Valdotaine fra un pubblico di Aosta, e viceversa. Un fenomeno, comunque è certo: non c’è concerto alpino che non trovi il pubblico entusiasta e la sala stipata in ogni ordine di posti. È addirittura capitato di doverlo replicare per coloro che non avevano potuto assistervi a causa della ristrettezza della sala. Tutto questo ci conforta, perché il canto è una delle più efficaci forme con cui si tramandano le tradizioni: è una voce che arriva direttamente al cuore. Queste sono le dieci cante preferite dai nostri alpini, dopo aver effettuato un sondaggio telefonico tra le nostre Sezioni.

    1. SIGNORE DELLE CIME
    2. STELUTIS ALPINIS
    3. SUL PONTE DI PERATI
    4. IL TESTAMENTO DEL CAPITANO
    5. L’ULTIMA NOTTE
    6. BENIA CALASTORIA
    7. JOSKA LA ROSSA
    8. SUL CAPPELLO
    9. TA PUM
    10. 16 SETTEMBRE (DA UDIN SIAM PARTITI)