Al Colle di Nava

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    Sono stati i ragazzi del coordinamento Giovani alpini del 1º Raggruppamento a dare il via al 69º raduno nazionale al sacrario della Cuneense con una marcia di avvicinamento che ha toccato i tre luoghi simbolo della Divisione “martire”: il santuario della Madonna degli alpini di San Maurizio di Cervasca, il memoriale della Cuneense a Cuneo Gesso e il Colle di Nava.

    Partiti nel pomeriggio del 29 giugno hanno percorso la Val Ellero e da Ponte Rotto, immersi in uno degli scenari più affascinanti delle Alpi Marittime, hanno raggiunto il rifugio Mondovì Havis de Giorgio fino ad arrivare a quota 2.177 metri del Passo delle Saline e discendere poi gli antichi sentieri della transumanza delle Alpi Liguri fino a Viozene.

    C’è soddisfazione vera sui volti dei giovani arrivati a Nava la sera del sabato; c’è appagamento per quelle erte percorse insieme, per il compimento di un progetto condiviso. Lo sappiamo che è andata così perché così era anche quando indossavamo la divisa: l’alpinità si acquisisce con il sudore, un passo dopo l’altro. Perché, come diceva qualcuno, l’alpinità entra anche attraverso le suole degli scarponi. A Nava il sabato della vigilia si canta. Nel Forte centrale, va in onda la 20ª edizione del Cantamontagna organizzata dal coro sezionale Monte Saccarello, ospite la corale alpina Val Maira di Busca (Cuneo). Sono i canti della Grande Guerra che dominano il repertorio, nell’anniversario della battaglia del solstizio. Il Coro organizzatore propone anche “La leggenda del Piave”.

    È naturale, per quelli della penna, mettersi sull’attenti. Non manca qualche pezzo innovativo. Lorenzo Cordiglia, neo vice Presidente nazionale, porta il saluto dei vertici e offre a ricordo proprio una penna forgiata nel metallo. Ancora qualche nota nella notte dopo il convivio, con gli alpini che si uniscono ai coristi ed è già mattina. La zona intorno al Sacrario si anima alle prime ore della domenica. Sono molti quelli che si fermano per un saluto alla tomba del generale Emilio Battisti, ultimo comandante della Cuneense. Si sfila e il prato che da sessantanove anni ospita la cerimonia si riempie secondo lo schema di un cerimoniale rigoroso. Entrano i gonfaloni dei Comuni limitrofi e le insegne delle numerose associazioni d’Arma. Si schierano i vessilli sezionali e sono tanti. Entrano i gagliardetti dei Gruppi e sembra non finiscano mai, come un’onda verde.

    La fanfara sezionale Colle di Nava rende omaggio ai vessilli e ai labari decorati: quello della provincia di Imperia decorato di medaglia d’Oro al V.M. e quello dell’Unirr. Poi il momento che tutti aspettano e che si rinnova ogni lustro. Quest’anno il raduno si svolge in forma solenne per il 75º anniversario della Ritirata di Russia e per ricordare i trentacinque anni della tumulazione dei resti del gen. Battisti nella cappelletta qui al Colle di Nava. Sulle note del Trentatré avanza il Labaro (alfiere il vice Presidente della Sezione di Imperia, Oreste Pastor) scortato dal Presidente Sebastiano Favero, dal generale Marcello Bellacicco, vice comandante delle Truppe Alpine e da buona parte del Consiglio Direttivo Nazionale.

    Termina l’alzabandiera e don Marco Castagna, alpino e cappellano della Sezione di Imperia, celebra la Messa in suffragio. È la prima volta per don Marco, qui a Nava, sempre preso com’è dai tanti problemi di una parrocchia come quella di Ventimiglia e si fa apprezzare per la sua chiara omelia che parla dei doveri del cristiano e del soldato. La Preghiera dell’Alpino affidata al coordinatore dei Giovani del 1º Raggruppamento, Federico Guadalupi, è quasi un passaggio di testimone. L’ultimo canto del coro Monte Saccarello conclude il rito religioso.

    Prende la parola l’assessore del Comune di Pornassio, Raffaele Guglierame, che sottolinea il forte legame che unisce le penne nere a questo lembo di Liguria a cavallo con il Piemonte, zona di reclutamento alpino dove in molte famiglie trova posto una penna mozza della Cuneense. Il Presidente sezionale, Enzo Daprelà, annuncia la fine del suo incarico giunto al terzo mandato ripercorrendo i momenti indimenticabili condivisi con gli alpini della sua Sezione. Ha ricordato la grande emozione provata solo la settimana prima, il 23 giugno, quando, insieme ad una delegazione e ai familiari si è recato a Cargnacco per accogliere le spoglie dell’alpino Pietro Ramoino di Pontedassio (Imperia) rientrato dalla Russia insieme alle salme di altri soldati italiani. Ha provato quanto sia forte il messaggio di quelle ossa e come questa storia di settantacinque anni fa sia sempre così attuale: “Non dimenticateci”.

    Il generale Bellacicco ha posto l’accento sul grande senso del dovere degli alpini in Russia, soldati non volontari che sono stati capaci di gesta incredibili, grazie a un fortissimo senso del dovere. E ha posto una domanda: «Ma questo senso del dovere ce l’abbiamo? Da comandante moderno la risposta è affermativa. Perché i ragazzi che oggi prestano servizio e qui schierati hanno deciso di loro spontanea volontà di prestare in giuramento, di servire la patria, di servire il cittadino». Il Presidente nazionale Sebastiano Favero ha ribadito, ancora una volta, che il mandato di questa nostra Associazione è quello di non dimenticare e che occorre gridarlo con forza soprattutto alle nuove generazioni per far capire quanta riconoscenza si debba a quei ragazzi di allora che hanno lasciato la vita in Russia ma anche a quelli che venticinque anni prima si sono sacrificati sulle montagne e nelle trincee della Grande Guerra.

    Ha rimarcato che è nostro obbligo mantenere un’identità, che è necessario qualche volta armarsi, non per attaccare ma per difendere i nostri valori, la nostra Patria e la nostra identità cristiana. E quanto la nostra Associazione sia cocciutamente convinta che l’art. 52 della Costituzione debba essere applicato. La fanfara intona la “La leggenda del Piave” per l’onore ai Caduti al cippo e alla tomba del generale Battisti. Poi, tutto è silenzio, mentre la campana della Cappelletta rintocca ventotto volte. Era il 28 gennaio a Waluiki settantacinque anni fa: finiva l’ecatombe della ritirata, iniziava la tragedia della prigionia.

    Enzo Daprelà