A Sarajevo e Mostar, con gli alpini

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    di Simona Pacini

    Sarajevo, maggio. La Bosnia cresce e spera nell’Europa anche grazie agli alpini. Dopo gli anni della guerra e la pace faticosamente ottenuta nel ’95 a Dayton, in Bosnia Erzegovina si ricostruisce. È una ricostruzione lenta, che non riguarda solo strade, case e palazzi ma la stessa identità politica di una nazione ancora in crisi, divisa in due: la Federazione croata musulmana e la Republika Srpska, da un confine a serpentina che si snoda lungo la linea delle montagne.

    Negli ultimi sei mesi, dal dicembre 2004 al 15 giugno di quest’anno, sono stati gli alpini del 7º Reggimento Feltre a condurre la missione Althea dell’Eufor, insieme a militari di altre nazioni europee, per far sì che questo paese possa entrare al più presto nell’Unione europea. Alpini anche ai vertici delle operazioni, con il generale di brigata Fausto Macor al comando del contingente nazionale e della forza multinazionale nell’area sud est della Bosnia Erzegovina, con sede a Mostar, e il colonnello degli alpini Edoardo Maggian, vice comandante del contingente italiano oltre che comandante del 7º, posizionato alla caserma Tito, a Sarajevo.

    In questi sei mesi gli alpini, per garantire il controllo del rispetto degli accordi di Dayton, hanno compiuto varie attività sul territorio. Una delle più importanti e rischiose è stata la raccolta del materiale bellico ancora in possesso di molte famiglie. Gli alpini, con gli interpreti locali, si sono presentati porta a porta spiegando che era in corso la raccolta delle armi che potevano essere consegnate anonimamente. Alla fine il materiale raccolto è stato fatto esplodere in una cava sulle colline circostanti. Un’attività questa, che va di pari passo con lo sminamento del territorio, in molte zone ancora ad alto rischio.

    La Compagnia di manovra del 7º alpini, la 66ª fucilieri El Camors, era invece dislocata a Rogatica, sotto il comando del capitano Maurizio Candeloro. Questi militari, circa 150, oltre a pattugliare la zona circostante per garantire la sicurezza della popolazione locale, avevano l’incarico di affiancare la polizia locale nei controlli contro il taglio clandestino del legname e il contrabbando del gasolio in arrivo dal Montenegro. Un’altra attività prevista dall’Althea è quella dei Lot (liason observation team, squadra di collegamento e osservazione).

    Nell’area affidata al comando italiano ce ne sono dieci. Si tratta di appartamenti presi in affitto in zone strategiche dei paesi, da quelli al confine con la Serbia al centro stesso di Sarajevo, dove vivono 8 10 militari al comando di un tenente, muovendosi su auto a noleggio. Il loro compito è quello di osservare e analizzare la realtà sociale, politica ed economica dell’area loro assegnata. Visitano le scuole, tengono contatti con gli amministratori, frequentano la gente per saggiarne gli umori e capirne i problemi. Si deve anche a loro la segnalazione di casi di famiglie povere a cui distribuire gli aiuti delle varie organizzazioni o di bambini con gravi malattie, dalla leucemia, ai tumori, alle disfunzioni cardiache, che vengono mandati in Italia per ricevere cure e assistenza.

    E poi ci sono i Genieri. Non hanno la penna nera ma sono sempre sotto il comando alpino. Forti delle loro conoscenze come ingegneri e architetti, visitano scuole in rovina, piscine in disuso, strutture per disabili o per malati mentali gravemente danneggiate e preparano progetti per ristrutturarle grazie ai fondi europei e a quelli italiani del ministero degli Affari Esteri. Qualche mese fa è stata inaugurata una scuola a Banja Luka. A breve dovrebbero arrivare i soldi per una scuola elementare nei dintorni di Sarajevo, dove i bambini frequentano le lezioni in tre turni, fino a sera tardi, per la mancanza di aule.

    Il nostro ruolo in questa fase è fondamentale dice il generale Macor questo paese ha bisogno di una riforma della polizia e della difesa, che devono essere unite e non divise, così come del sistema della pubblica informazione. Noi non siamo qui per fare la guardia, ma per aiutare, con la nostra esperienza e i nostri mezzi, a ritrovare una legalità perduta, a contrastare ogni forma di crimine sul nascere, a riportare la fiducia nelle e per le istituzioni. L’operazione terminerà quando l’obiettivo sarà raggiunto, ma non staremo qui all’infinito .

    Gli alpini il prossimo mese di giugno passeranno il testimone: il 7º rientrerà a Feltre e alla caserma Tito di Sarajevo arriveranno gli uomini del 17º reggimento di artiglieria contraerea Sforzesca , di Sabaudia.